EUROFLAG TODAY

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martedì 29 maggio 2012

IL BACIO "ERA" BELLO ANCHE X IL FOGLIETTO. E ERA GRANDE. NON COME ORA. ERA UN BACIO...COME UNA VOLTA. CHE UN BACIO ERA AMORE
Diabete 2, efficace mezz'ora di esercizio fisico al dì

Uno studio condotto presso l'università di Maastricht, nei Paesi Bassi, mostra che una sessione di 30 minuti di esercizi di resistenza a intensità moderata riduce la prevalenza di iperglicemia misurata il giorno successivo in pazienti affetti da diabete di tipo 2. Trenta soggetti diabetici sono stati studiati in tre occasioni, in condizioni di vita normale a eccezione di uno stretto regime alimentare standardizzato. L'omeostasi del glucosio ematico è stata controllata con un monitoraggio continuo per 48 ore, prima in assenza di attività fisica, poi con un programma di esercizi alla cyclette con un carico di lavoro al 50% del massimale in una sessione giornaliera di trenta minuti e infine con sessioni di un'ora effettuate a giorni alterni. La prevalenza di iperglicemia (>10 mmol/L) si è ridotta da una media di 7 ore e 40 minuti al giorno fino a 5 ore e 46 minuti nel protocollo di esercizi giornalieri e a 5 ore e 51 minuti quando gli esercizi sono stati eseguiti a giorni alterni. Non si sono quindi osservate differenze significative nei due programmi di attività fisica, ma entrambi si sono dimostrati efficaci. Tra i partecipanti, 16 erano in terapia con insulina, 10 con metformina,  5 con metformina combinata con sulfonilurea o tiazolidinedioni e uno non assumeva farmaci ma si curava solo attraverso una dieta: il miglioramento indotto dall'esercizio fisico è stato confermato sia nei pazienti in cura con insulina che negli altri.

Diabetes Care, 2012; 35(5):948-54, 2012

lunedì 28 maggio 2012



Focus

mercoledì 9 maggio 2012



Rivaroxaban: valida alternativa al trattamento dell'Embolia Polmonare emodinamicamente stabile

I ricercatori del programma EINSTEIN-PE hanno approntato uno studio multicentrico randomizzato, open-label, event-driven, di non inferiorità, che ha coinvolto 4.832 pazienti con embolia polmonare acuta sintomatica, con o senza trombosi venosa profonda, nei quali si è confrontato un trattamento con l'inibitore orale del Fattore Xa rivaroxaban (15 mg due volte al giorno per 3 settimane, seguiti da 20 mg una volta al giorno) con la terapia standard con enoxaparina seguita da una corretta dose di antagonista della vitamina K per 3, 6 o 12 mesi. L'esito primario di efficacia era rappresentato da una ricorrente e sintomatica tromboembolia venosa, quello di sicurezza da un sanguinamento maggiore o non, comunque clinicamente rilevante. I risultati (sintetizzati nella tabella e nella figura accluse) sono stati i seguenti:
  • il trattamento con rivaroxaban non è risultato inferiore alla terapia standard con enoxaparina e antagonista della Vitamina K nel raggiungere l'end point primario di efficacia (margine di non-inferiorità, 2.0, p = 0.003), con 50 eventi nel gruppo rivaroxaban (2.1%) vs 44 eventi nel gruppo terapia standard (1.8%) pari ad un hazard ratio di 1.12 (95% CI  da 0.75 a 1.68)
  • non significativa la differenza dei due trattamenti nei confronti dell'end point di sicurezza: sanguinamenti clinicamente rilevanti si sono avuti nel 10.3% dei pazienti del gruppo rivaroxaban rispetto all'11.4% del gruppo terapia standard (hazard ratio 0.90, 95% CI 0.76-1.07, p = 0.23)
  • tuttavia se si prendevano in considerazione i soli sanguinamenti maggiori, questi si sono verificati in modo significativamente superiore nel gruppo del trattamento standard: 52 pazienti (2.2%) vs 26 pazienti (1.1%) del gruppo rivaroxaban (hazard ratio 0.49, 95% CI 0.31-0.79, p = 0.003)
  • tassi di altri eventi avversi sono risultati simili nei due gruppi.
Le conclusioni degli autori dello studio sono state le seguenti: un regime terapeutico a dose fissa di 15 mg bid poi ridotta a 20 mg od di rivaroxaban non è inferiore alla terapia standard per il trattamento iniziale e a lungo termine dell'embolia polmonare emodinamicamente stabile, avendo tra l'altro un potenziale migliore profilo rischio-beneficio. 

The EINSTEIN-PE Investigators Oral Rivaroxaban for the Treatment of Symptomatic Pulmonary Embolism. N Engl J Med 2012, Mar 26 


Antibioticoterapia come alternativa alla chirurgia nell'appendicite non complicata

Per confrontare la sicurezza e l'efficacia di un trattamento antibiotico vs l'appendicectomia per il trattamento primario dell'appendicite acuta non complicata, alcuni epidemiologi e chirurghi dell'Università di Nottingham hanno effettuato una meta-analisi di studi randomizzati controllati con l'intento di verificare come misura dell'outcome primario le eventuali complicazioni e come misure di outcome secondari l'efficacia del trattamento, la durata del ricovero, le riammissioni ospedaliere e l'incidenza di appendiciti complicate. Sono stati selezionati 4 studi clinici randomizzati e controllati per un totale di 900 pazienti [470 in trattamento antibiotico e 430 sottoposti ad appendicectomia]. Gli schemi di terapia antibiotica adottati nei 4 studi prevedevano
  • amoxicillina ev o per os + acido clavulanico 3 grammi die per 48 ore; appendicectomia in caso di persistenza dei sintomi dopo 48 ore
  • cefotaxime 1 g bid + Metronidazole per almeno 24 ore; in caso di miglioramento clinico, i pazienti venivano dimessi con Ciprofloxacina 500 mg bid + Metronidazolo 400 mg 3 volte al giorno per 10 giorni 
  • Cefotaxime 2 g ogni 12 ore + Tinidazolo 800 mg al giorno per 2 giorni con dimissione dopo 2 giorni con Ofloxacina per os 200 mg bid + Tinidazole500 mg bid per 10 giorni.
Il trattamento antibiotico è risultato associato con un tasso di successo del 63% (277/438) ad un anno e con una riduzione del rischio relativo di complicanze del 31% rispetto alla appendicectomia (rapporto di rischio (Mantel-Haenszel fisso) 0.69 (95% CI 0.54-0.89); I2 = 0%, p = 0.004), confermata anche dall'analisi secondaria dei dati dopo la esclusione dei pazienti con crossover tra le due impostazioni terapeutiche (RR del 39% per la terapia antibiotica (risk ratio 0.61 (0.40-0.92); I2 = 0%, p = 0.02). Non sono state osservate differenze significative per l'efficacia del trattamento, la durata del ricovero o il rischio di sviluppo di appendiciti complicate. Da notare che nei 65 pazienti (20%) che avevano avuto una appendicectomia dopo la riammissione ospedaliera, in 9 vi è stata una perforazione appendicolare e in 4 una appendicite gangrenosa.
Conclusione: Gli antibiotici sono efficaci e sicuri come trattamento primario per i pazienti con appendicite acuta non complicata e pertanto un trattamento antibiotico deve essere preso in considerazione per la terapia iniziale di una appendicite non complicata.

Varadhan KK et al. Safety and efficacy of antibiotics compared with appendicectomy for treatment of uncomplicated acute appendicitis: meta-analysis of randomised controlled trials. BMJ 2012; 344 : e2156