EUROFLAG TODAY

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mercoledì 29 maggio 2013

Un prestigioso gruppo di lavoro del Dipartimento gastro-enterologico ed epatologico della Erasmus MC University di Rotterdam ha elaborato di recente una meta-analisi che ha voluto indagare il potenziale rischio di sanguinamenti intestinali correlati ai trattamenti con i nuovi anticoagulanti orali (NAO), confrontati con quelli ritenuti terapia standard con LMWH, warfarin o farmaci antiaggreganti piastrinici in svariate condizioni cliniche che ne richiedevano l'uso. I ricercatori hanno analizzato i dati di 43 studi randomizzati controllati per un totale di oltre 150.000 pazienti seguiti per un tempo variabile da 3 settimane a 31 mesi. In tutti gli studi erano esclusi i pazienti con storia recente di ulcera o con condizioni emocoagulative predisponenti fatti emorragici. Di questi studi:
8 erano relativi a pazienti con FA (in 7 di questi i NAO erano messi a confronto con warfarin)
21 a pazienti con chirurgia ortopedica (in 19 di questi i NAO erano confrontati con LMWH)
6 a pazienti con TVP (in 5 dei quali il confronto era fra i NAO vs LMWH seguita da warfarin)
2 a pazienti "medici"
5 a pazienti con SCA che prevedevano il confronto fra NAO e duplice antiaggregazione.
Tra i NAO, il rivaroxaban era quello più studiato (15 studi), seguito dall'apixaban (12 studi), dal dabigatran (10 studi), dall'edoxaban (4 studi) e dal betrixaban (1 studio). Questi i risultati:
l'OR per i sanguinamenti intestinali nell'intera casistica esaminata e per il pool dei farmaci utilizzati, pur con una sostanziate eterogeneità (I2 = 61%) è risultato di 1.45 (95% CI 1.07-1.97)
nei singoli sottogruppi di pazienti esaminati l'OR per i sanguinamenti intestinali è risultato:
0.78 (IC 95% 0.31-1.96) in quelli in profilassi dopo chirurgia ortopedica, con sostanziale sovrapponibilità in quelli trattati in maniera standard (0.2%) vs quelli trattati con i NAO (0.1%)
1.21 (IC 95% 0.91-1.61) nei trattati per FA, minore in quelli trattati in maniera standard (1.6%) vs quelli trattati con i NAO (2.1%)
1.59 (95% CI 1.03-2.44) nei pazienti in terapia per TVP, minore in quelli trattati in maniera standard (1.9%) vs quelli trattati con NAO (3.0%)
5.21 (95% CI 2.58-10.53) in quelli che erano trattati per SCA, significativamente maggiore in quelli trattati con i NAO (5.3%) rispetto a quelli trattati in maniera standard (1.0%)
tra i farmaci studiati, l'OR per il sanguinamento intestinale è risultato essere:
per dabigatran di 1.58 (95% CI 1.29-1.93)
per rivaroxaban di 1.48 (95% CI 1.21-1.82)
per apixaban di 1.23 (IC 95% 0.56-2.73)
per edoxaban di 0.31 (IC 95% 0.01-7.69).
Si può quindi affermare che nei pazienti in trattamento per TVP o per SCA i NAO hanno evidenziato un maggiore rischio di sanguinamenti intestinali rispetto a quello riscontrabile nei pazienti che ricevevano la terapia standard.

Holster IL et al. Gastroenterology 2013 Mar 4. pii: S0016-5085(13)00290-4 doi: 10.1053/j.gastro.2013.02.041

A distanza di soli 3 anni dalla versione precedente, l'Aiac (Associazione italiana di aritmologia e cardiostimolazione) ha aggiornato le proprie linee guida sul trattamento della fibrillazione atriale (Fa). Antonio Raviele, presidente di Alfa (Alleanza per la lotta alla fibrillazione atriale, Mestre-Venezia) e coordinatore della stesura del documento, sintetizza gli aspetti modificati: «nella classificazione vi è l'introduzione della Fa persistente di lunga durata, che dura cioè più di 1 anno, dato importante ai fini dell'ablazione». Si citano poi i risultati di uno studio retrospettivo che depone per un minore rischio di ictus e Tia con il controllo del ritmo rispetto a quello della frequenza; non sono però modificate le indicazioni attuali alle due strategie. «Ai fini della cardioversione farmacologica Vernakalant, non in commercio in Italia, in bolo ev ha azione rapida e buona efficacia e nella Fa <48 ore è considerato farmaco con classe di indicazione 1 e livello di evidenza A». Nella profilassi farmacologica delle recidive, invece «il dronedarone, dopo le evidenze dei trial Andromeda e Pallas, non può più essere usato nei pazienti con scompenso cardiaco». Il trattamento upstream, con farmaci che non modificano le proprietà elettriche ma riducono la pressione arteriosa e prevengono la fibrosi atriale (Ace-inibitori, sartani, statine, omega-3) «finora non ha dato i risultati sperati, specie se le alterazioni strutturali si sono già instaurate». L'ablazione transcatetere si è confermata terapia di prima scelta nei soggetti con Fa isolata e giovani (<60 anni) senza cardiopatia sottostante. «Non è una cura definitiva» sottolinea Raviele «ma migliora il burden della patologia riducendo le recidive ed elevando la qualità di vita». In sviluppo l'ablazione chirurgica e ibrida che, intervenendo a livello endocardico ed epicardico, ha più possibilità di isolare completamente le vene polmonari. «È una tecnica indicata nei pazienti già candidati a cardiochirurgia per altri motivi e in cui è fallita 2-3 volte l'ablazione transcatetere». Nel campo della profilassi antitrombotica è stato abbandonato il sistema Chads2, sostituito dal Cha2ds2-Vasc, che permette una migliore stratificazione del rischio tromboembolico; inoltre è stato introdotto il sistema Has-Bled per stratificare il rischio emorragico. I nuovi anticoagulanti orali, in base a una casistica consistente, hanno un'efficacia e sicurezza uguali o maggiori del warfarin e non necessitano del monitoraggio dell'Inr, per cui rappresentano una valida alternativa agli inibitori della vitamina K. Infine, l'acido acetilsalicilico 75-100 mg non è più citato come farmaco utile alla profilassi tromboembolica nella Fa. 

Raviele A, Disertori M, et al. Linee guida AIAC per la gestione e il trattamento della fibrillazione atriale. Aggiornamento 2013. G Ital Cardiol, 2013;14(3):215-40