Diuretici ed ipertensione
Di particolare interesse pratico è la messa a punto recentemente apparsa sul Journal of Clinical Hypertension circa l'utilizzo dei diuretici nel trattamento dell'ipertensione. L'articolo riporta con una serie di raccomandazioni che vengono di seguito riportate sinteticamente e che dovrebbero essere sempre tenute a mente- i diuretici possono essere efficacemente combinati con tutte le classi di farmaci antiipertensivi
- se li si vuole utilizzare in monoterapia come farmaci di prima linea per l'ipertensione occorre ricordare che gli studi disponibili fanno riferimento ai soli diuretici tiazidici, non essendovi dei dati consolidati per i diuretici dell'ansa (a proposito dei quali va segnalato che la furosemide per os può avere un assorbimento estremamente irregolare, con una gamma di biodisponibilità variabile dal 12 al 112%, a differenza di bumetanide e soprattutto di torasemide - farmaci che hanno un assorbimento molto più prevedibile)
- fra i tiazidici è comunque notevole la differenza fra clortalidone e idroclortiazide sia in termini di "potenza" (25 mg di clortalidone determinano riduzioni pressorie - specie notturne - maggiori di 50 mg di idroclortiazide), che di farmacocinetica e farmacodinamica
- i risultati clinici che consentono di paragonare l'efficacia dei tiazidici con le altre classi di farmaci anti-ipertensivi nel trattamento in prima linea dell'ipertensione fanno riferimento al clortalidone che nello Studio ALLHAT ha dimostrato efficacia comparabile con quella dell'amlodipina, lisinopril e doxazosina, tanto nei confronti dell'outcome primario quanto della mortalità
- non bisogna dimenticare i segnalati effetti collaterali dei tiazidici che, seppure ben tollerati, possono determinare alterazioni metaboliche nell'ambito glucidico e purinico e squilibri idroelettrolitici
- il costo di questi farmaci è molto contenuto
- i diuretici dell'ansa - furosemide in particolare - non devono essere utilizzati come terapia di prima linea dell'ipertensione ma lasciati per quelle situazioni cliniche caratterizzate da sovraccarico idrico.
L'idroclorotiazide nell'ipertensione ha molti nemici
Messerli non è mai stato amico dei tiazidici, in particolare dell'idroclorotiazide (HCTZ); ne è testimone una lunga serie di metanalisi pubblicate da lui e dal suo gruppo. Ancora recentemente sull'American Journal of Medicine egli compie un escursus su mezzo secolo di utilizzo dell'HCTZ, molecola che nel 2008 negli US è stata prescritta in 47,8 milioni di pezzi da sola e in 87.1 milioni di pezzi in combinazione. Ma non c'è evidenza che ai dosaggi generalmente utilizzati (12,5 - 25 mg) riduca l'infarto del miocardio, lo stroke, la morte. In una metanalisi di 19 trials randomizzati con oltre 1.400 pazienti arruolati, la diminuzione della pressione nelle 24 ore con HCTZ è stata inferiore agli ACEI, ai sartani, ai betabloccanti (BB) e ai calcioantagonisti (CCB) (p<0,001 per tutti). Vedi Figura. Anche in combinazione con un ACEI si è visto che riduce la morbilità e la mortalità meno che con un CCB, come dimostra lo studio ACCOMPLISH, interrotto prematuramente perché l'associazione Benazepril/Amlodipina otteneva una riduzione della morbilità-mortalità del 20% in più rispetto all'associazione Benazepril/HCTZ. Messerli assume un atteggiamento spietato: conclude dicendo che siccome a quei dosaggi (12,5-25 mg) il risultato è molto modesto e la compliance è scarsa, l'HCTZ non è indicata nel primo trattamento dell'ipertensione. E per rincarare la dose fa una netta distinzione tra i cosiddetti tiazidici. Il clortalidone è nettamente superiore all'HCTZ: infatti nel MRFIT ha ottenuto una riduzione del 58% della mortalità cardiovascolare (a differenza dell'HCTZ, che invece ha ottenuto il 46% in più di mortalità cardiovascolare) e nell'ALLHAT, tanto sbandierato a favore dei diuretici, è stato utilizzato il clortalidone. Quindi, altra conclusione di Messerli, se vogliamo usare un diuretico almeno usiamo il clortalidone.Messerli FH. The American Journal of Medicine 2011; 124: 896-899
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