L'ipertensione è un importante fattore di rischio per infarto e di emorragia cerebrale. Circa il 85% degli ictus sono dovute a infarto e il resto a emorragie, o emorragie intracerebrali o emorragia subaracnoidea. L'incidenza di ictus aumenta progressivamente con l'aumentare i livelli della pressione sanguigna, in particolare la pressione arteriosa sistolica in soggetti> 65 anni. Il trattamento efficace dell’ ipertensione diminuisce l'incidenza di ictus di entrambe le cause.
L'ipertensione arteriosa è associata anche con il decadimento cognitivo e l’invecchiamento della popolazione. Studi longitudinali sostengono un'associazione tra ipertensione e declino cognitivo. Il danno cognitivo e la demenza connessi all’ipertensione possono essere una conseguenza di un unico infarto a causa di occlusione o più infarti lacunari a causa di malattia occlusiva di piccoli vasi con conseguente ischemia subcorticale bianca. Diversi studi clinici suggeriscono che la terapia antiipertensiva ha un effetto benefico sulla funzione cognitiva, anche se questo resta da indagare.
La prevalenza della fibrillazione atriale nella popolazione generale è di poco inferiore all’1%.
L'ipertensione arteriosa è associata anche con il decadimento cognitivo e l’invecchiamento della popolazione. Studi longitudinali sostengono un'associazione tra ipertensione e declino cognitivo. Il danno cognitivo e la demenza connessi all’ipertensione possono essere una conseguenza di un unico infarto a causa di occlusione o più infarti lacunari a causa di malattia occlusiva di piccoli vasi con conseguente ischemia subcorticale bianca. Diversi studi clinici suggeriscono che la terapia antiipertensiva ha un effetto benefico sulla funzione cognitiva, anche se questo resta da indagare.
La prevalenza della fibrillazione atriale nella popolazione generale è di poco inferiore all’1%.
Nello studio di Framingham è stato evidenziato come la prevalenza di tale aritmia aumenti progressivamente con l’aumentare dell’età, raddoppiando per ogni decade considerata a partire dall’età di 50 anni, fino a raggiungere quasi il 10% nei soggetti ottuagenari. Tale dato è stato confermato anche dallo studio ATRIA, che ha riportato una prevalenza pari allo 0,1% nei soggetti di età inferiore ai 55 anni ed al 9% nei soggetti oltre gli 80 anni. Una delle conseguenze del progressivo aumento dell’età media della popolazione generale sarà pertanto l’incremento della prevalenza della fibrillazione atriale
Un altro aspetto indagato è la ricorrenza di deterioramento cognitivo in soggetti con FA cronica, evidenziandosi una maggiore presenza dell’aritmia in soggetti con più grave disfunzione cognitiva fino alla demenza. Sembra che il meccanismo causale sia da riferire alla realizzazione di microinfarti cerebrali silenti o, più raramente, all’ipoperfusione cerebrale.
Il danno economico causato dalla FA, nei confronti dei sistemi assistenziali dei diversi paesi, incide su una quota non indifferente dei fondi destinati alla salute.
Nel Regno Unito si stima che il National Health Service spenda ogni anno l’1% circa (300.000.000,00 di euro) del proprio budget.
Esistono dati preliminari sul danno cerebrale da embolizzazione silente nella fibrillazione atriale cronica. È possibile che il legame fra la fibrillazione atriale e la demenza vascolare sia mediato, almeno in parte, da uno stato di ipercoagulabilità.La terapia con warfarin mostrava un trend ad associarsi con una ridotta prevalenza di demenza. Di contro, in un recente studio prospettico longitudinale effettuato su pazienti di 85 anni o più, i soggetti portatori di alcuni fattori di rischio vascolari inclusa la fibrillazione atriale non presentavano demenza, che invece era presente in coloro che avevano avuto ictus nel corso della vita (più frequente nei pazienti con FA). Questo dà ragione del fatto che la FA è un fattore di rischio per ictus e, poiché questo si associa a decadimento cognitivo, tale aritmia può contribuire allo sviluppo di demenza sebbene non ne rappresenti un fattore predittivo indipendente.Va peraltro ricordato che una frequente causa di ischemia cerebrale silente, le lacune, può derivare da un occlusione non trombotica di piccole arterie penetranti. Tali occlusioni sembrano dovute a microateromi e molte piccole lacune sono dovute a lipoialinosi. Così l’attivazione della coagulazione potrebbe solo riflettere la presenza in questi pazienti di numerosi fattori di rischio che innescano il danno che poi conduce all’aterosclerosi e alla trombogenicità ematica.
I dati ISTAT fanno prevedere che la frazione di popolazione a maggior crescita nei prossimi anni è quella degli ultraottantenni, cioè quella in cui l'incidenza di fibrillazione atriale è più elevata. Soltanto studi epidemiologici potranno ulteriormente definire la relazione tra fibrillazione atriale e demenza da danno cerebrale secondario ai microembolismi e sul ruolo preventivo della terapia anticoagulante
Uno studio apparso su Stroke. 1998; 29:1816-1820.affermava che la fibrillazione atriale è un fattore determinante per la funzione cognitiva. L'obiettivo di questo studio era di verificare se la fibrillazione atriale è associata con una bassa funzione cognitiva nei pazienti anziani gli uomini con e senza precedenti manifesto ictus. Gli Autori avevano riscontrato un'associazione tra fibrillazione atriale e bassa funzione cognitiva indipendente di ictus, ipertensione e diabete
Viceversa unostudio apparso su Stroke. 2007; 38:1454-1460 conclude che la fibrillazione atriale non è un significativo fattore di rischio per la demenza in persone molto anziane. L'eziologia
sindrome di demenza in persone molto anziane sarebbe multifattoriale.
Studi sono evidentemente utili e, in particolare osservazionali, sono necessari per risolvere la questione se il trattamento ottimale della fibrillazione atriale può impedire o ritardare il declino cognitivo e la demenza
sindrome di demenza in persone molto anziane sarebbe multifattoriale.
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