LO SCOMPENSO CARDIACO
Rosanna Spinelli e Massimo Romano, AOU Federico II di Napoli
masroman@unina.it
Come è fatto il cuore
Il cuore è un muscolo cavo avvolto alla superficie dalle arterie coronarie che lo riforniscono di sangue e ossigeno. Internamente, è suddiviso in due metà indipendenti, destra e sinistra, dette anche cuore destro e cuore sinistro. Ciascuna metà comprende due cavità, una superiore o atrio, l’altra inferiore o ventricolo: ciascun atrio comunica con il ventricolo sottostante per mezzo di un orifizio provvisto di una valvola che permette il passaggio unidirezionale del sangue dagli atri ai ventricoli e ne impedisce il reflusso. Ai due atri fanno capo le vene; da ciascun ventricolo, attraverso un orifizio corredato anch’esso di valvola, si diparte un grosso ramo arterioso. Le arterie polmonari portano sangue povero di ossigeno dal cuore ai polmoni. Le vene polmonari portano il sangue ossigenato dai polmoni al cuore.
Come funziona il cuore normale
Grande come un pugno, il cuore è un muscolo cavo che ha il compito di fornire di sangue tutto l’organismo. La sua parte destra riceve sangue non ossigenato dalla periferia del corpo e lo pompa ai polmoni dove viene ossigenato. Il sangue ossigenato ritorna alla parte sinistra del cuore che lo pompa ai vari organi e parti del corpo. Una volta utilizzato l’ossigeno, dall’organismo il sangue torna alla parte dx del cuore dove il processo ricomincia.
Che cos’è lo scompenso?
Avere uno scompenso cardiaco (detto anche insuffcienza cardiaca) significa che il cuore perde la capacità di pompare una quantità di sangue adeguata ai bisogni dell’organismo, sia in condizioni di riposo che di sforzo (esercizio fisico, processi infettivi, gravidanza, interventi chirurgici, ecc), oppure nel caso vi riesca, questo è ottenuto solo a prezzo di un aumento del riempimento dei ventricoli a riposo (in diastole). Questo produce due conseguenze principali: la prima è l’ipoperfusione periferica (cioè gli organi ricevono meno sangue e quindi meno ossigeno) che si manifesta quando la capacità di pompa del cuore è ridotta (scompenso SISTOLICO); la seconda è la congestione venosa che risulta dal tentativo del cuore di mantenere una adeguata attività di pompa sfruttando le alte pressioni di riempimento ventricolari (scompenso DIASTOLICO). I due tipi di disfunzione ventricolare, sistolica e diastolica, spesso coesistono in pazienti con scompenso cardiaco e gli eventi sistolici possono influenzare la funzione diastolica. Ipoperfusione e congestione periferica sono le due vie finali attraverso cui si manifestano tutti i segni e i sintomi clinici dello scompenso.
Come si presenta lo scompenso cardiaco?
Lo scompenso cardiaco, che interessa più frequentemente il cuore sinistro, si instaura lentamente anche nel corso di anni, periodo durante il quale il cuore perde la sua capacità di pompa e lavora in maniera sempre meno efficiente. In alcuni casi i pazienti non sono consapevoli di essere malati finché non compaiono i sintomi, il che può avvenire anche dopo anni dall’inizio della patologia cardiaca. Quello che segue è un elenco dei più comuni sintomi dello scompenso cardiaco; possono manifestarsi alcuni o anche uno solo di questi.
1)SINTOMI RESPIRATORI
- La dispnea è il termine con cui viene indicata la sensazione spiacevole di difficoltà respiratoria che viene solitamente percepita come “mancanza di respiro” o “fame d’aria”. Nelle fasi iniziali della malattia, la dispnea compare solo in occasione di sforzi di notevole intensità (dispnea da sforzo), con l’aggravarsi della condizione si presenta per sforzi progressivamente più lievi finché, nelle fasi avanzate dello scompenso cardiaco, compare anche a riposo (dispnea a riposo). PERCHÉ ACCADE? La dispnea è dovuta alla congestione venosa polmonare che provoca un ristagno di sangue nel polmone e quindi di liquidi (edema) a spese della capacità polmonare totale (cioè della quantità di aria presente nel polmone). Tutto il polmone diviene più rigido e i muscoli respiratori, peraltro compromessi dall’inefficiente perfusione (in corso di scompenso arriva meno sangue anche ai polmoni), devono compiere un lavoro maggiore che si traduce nella sensazione di difficoltà a respirare.
- L’ortopnea è la comparsa di dispnea nella posizione supina con regressione del sintomo con l’assunzione della posizione eretta o seduta. L’ortopnea compare negli stadi più avanzati di scompenso, in particolare durante il riposo notturno, e può essere quantificata in base al numero di cuscini che il paziente deve utilizzare per riuscire a dormire. L’ortopnea compare pochi minuti dopo l’assunzione della posizione supina e regredisce immediatamente (entro pochi minuti) con il cambiamento di posizione. PERCHÉ ACCADE? In posizione eretta, l’effetto gravitazionale determina un ristagno venoso nei distretti che si trovano più in basso rispetto al cuore con il risultato di limitare il ritorno venoso al cuore destro. Al contrario, in posizione distesa l’effetto gravitazione è uniforme su tutto il sistema circolatorio ed il ritorno venoso aumenta, rispetto alla posizione eretta, in presenza di un cuore destro normalmente funzionante. Se però il cuore sinistro è incapace di mobilizzare l’aumentato ritorno venoso si ha ristagno di sangue nel polmone e comparsa di dispnea.
- Il termine dispnea parossistica notturna si riferisce a episodi improvvisi e intensi di dispnea, imprevedibili, che si verificano frequentemente durante la notte e che costringono il malato ad alzarsi e a cercare sollievo dal senso di soffocamento respirando “aria fresca” ad una finestra aperta. Episodi analoghi possono più raramente verificarsi di giorno e sono in questo caso associati a intensi sforzi fisici o stress emotivi. A differenza dell’ortopnea, la dispena parossistica notturna è più tardiva a comparire e regredisce più lentamente, spesso in 1-2 ore. PERCHÉ ACCADE? La dispnea parossistica notturna è in relazione con la riduzione dell’attività respiratoria che si verifica durante la notte, alla congestione venosa polmonare, che si verifica per la posizione distesa, per il riassorbimento degli edemi periferici, favorito anch’esso dalla posizione distesa, che induce aumento del volume di sangue nel sistema circolatorio e quindi del ritorno venoso al cuore.
- L’edema polmonare è l’accumulo di liquidi nel polmone che si verifica quando la congestione venosa polmonare diviene importante. Compare allora, oltre alla dispnea, tosse con emissione di espettorato schiumoso e roseo, talora striato di sangue per la rottura dei vasi bronchiali. L’edema polmonare si manifesta generalmente in modo acuto, spesso di notte, e rappresenta la fase evolutiva più grave dello scompenso cardiaco.
2)SINTOMI URINARI. La nicturia è il bisogno di urinare molte volte durante la notte e dipende dall’aumento della perfusione renale rispetto alle ore diurne durante le quali il sangue, pompato dal cuore, è ridistribuito preferenzialmente ad altri distretti quali la muscolatura durante l’attività fisica o l’apparato gastro-intestinale durante la digestione. Quando, nelle fasi più avanzate di scompenso, l’ipoperfusione renale e la capacità di pompa del cuore si riducono ulteriormente, si ha oliguria ovvero scarsa diuresi.
3)ALTRI SINTOMI. I sintomi digestivi, rappresentati più comunemente da nausea, vomito, anoressia e tensione addominale, sono conseguenza della congestione venosa nel distretto gastro-enterico e quindi di scompenso del cuore destro. Sintomi cerebrali, quali confusione mentale, vertigini, insonnia, si manifestano nelle fasi più avanzate di scompenso cardiaco e sono frequenti soprattutto in pazienti anziani che mal tollerano una riduzione della quantità di sangue al cervello specie se coesiste arteriosclerosi cerebrale. Una generica sensazione di stanchezza e di facile affaticabilità muscolare è spesso presente anche in assenza di dispnea ed è in rapporto alla ridotta perfusione della muscolatura scheletrica; non di rado contribuiscono a questo sintomo il basso volume di sangue e la carenza di sale sodico secondari ad un eccessivo trattamento diuretico o ad una restrizione non proporzionata del sodio nella dieta.
Quali sono le cause dello scompenso cardiaco?
La riduzione della capacità di pompa da parte del cuore, è una conseguenza naturale dell’invecchiamento, ma esistono molte patologie importanti che possono determinare insufficienza cardiaca quali la malattia coronarica, l’infarto del miocardio, l’ipertensione arteriosa, vizi valvolari, malattie del miocardio.
MALATTIA CORONARICA E INFARTO
Nella malattia coronaria, i vasi che forniscono sangue e con esso ossigeno al cuore presentano delle ostruzioni che rendono difficoltoso il normale flusso sanguigno cosicché alcune parti del muscolo cardiaco non ricevono abbastanza ossigeno diventando troppo deboli per pompare il sangue come dovrebbero. Di conseguenza il resto del muscolo è costretto a lavorare di più. Se la porzione del muscolo danneggiato è molto grande, il cuore non può più pompare la stessa quantità di sangue. L’infarto deriva da un’occlusione completa (temporanea o permanente) di un’arteria coronaria con morte (detta necrosi) del muscolo cardiaco a valle: questo evento comporta un superlavoro da parte del muscolo cardiaco sano che, col passare del tempo, si sfianca e riduce la sua efficienza di pompa.
L’insufficienza cardiaca è strettamente associata con i grandi fattori di rischio coronarico: fumo di sigaretta, alti livelli di colesterolo, diabete e obesità. Il sommarsi di più fattori aumenta drammaticamente il rischio di scompenso: l’ipertensione e il diabete, per esempio, sono particolarmente importanti specie se associati con l’obesità e gli alti livelli di colesterolo. Una persona può modificare questi fattori di rischio riducendo la possibilità di sviluppare o aggravare la malattia cardiaca e lo scompenso.
VIZI VALVOLARI
Le valvole cardiache fanno sì che il sangue scorra in una sola direzione. Se una valvola non si apre completamente, il cuore deve lavorare di più per spingere il sangue attraverso un’apertura più piccola. Se la valvola non si chiude completamente, il ventricolo deve pompare anche la quota di sangue che ad ogni sistole rigurgita.
CARDIOMIOPATIE
Le cause di danno miocardio includono infezioni (miocarditi), abuso di alcol, effetti tossici di alcune droghe come la cocaina o da alcuni farmaci antitumorali e, raramente, malattie degenerative del muscolo cardiaco. Questi fattori provocano un allargamento delle cavità facendo sì che il muscolo cardiaco progressivamente si indebolisca e non riesca più a pompare.
ALTRE CAUSE DI SCOMPENSO
In alcuni casi, il cuore può essere interessato da una patologia sistemica che ne può alterare temporaneamente o stabilmente la funzione: ciò si verifica in caso di anemia, ipertiroidismo, aritmie.
Epidemiologia
Lo scompenso cardiaco è lievemente più frequente negli uomini rispetto alle donne ed è circa doppia negli afro-americani rispetto ai bianchi. Esso è causa di 30.000 morti/anno e contribuisce come fattore in altri 250.000 eventi. L’incidenza di morte attribuita a questa patologia ha raggiunto il 64% dal 1970 al 1990. In un certo senso la presenza crescente dello scompenso cardiaco riflette i cambiamenti nella popolazione: molte più persone vivono più a lungo. Il rischio di scompenso cresce con l’età, infatti questa malattia colpisce l’1% della popolazione con 50 anni di età ma circa il 5% dei soggetti con un’età di 75 anni.
INCIDENZA MEDIA DELLO SCOMPENSO CARDIACO PER ANNO PER 1000 ABITANTI IN SOGGETTI DI ETÁ E SESSO DIFFERENTI.
Si può osservare l’aumento progressivo dell’incidenza di scompenso con l’aumentare dell’età.
Diagnosi
La diagnosi di scompenso cardiaco è essenzialmente clinica. Le indagini di laboratorio e strumentali indicate, evidenziando la cardiopatia di base, forniscono importanti informazioni essenziali per un corretto trattamento di ciascun caso individuale. Quelli che seguono sono i test diagnostici di più comune impiego.
· ANALISI DI LABORATORIO. I rilievi ematochimici più importanti in corso di scompenso cardiaco sono il bilancio elettrolitico, per il riconoscimento di una ipopotassiemia da diuretici o di una iposodiemia da diluizione, l’azotemia e la creatininemia, per il controllo della funzione renale; nello scompenso destro è frequente il riscontro di proteinuria. Possono essere presenti tutti i segni dell’insufficienza epatica: indici di necrosi (AST, ALT, LDH, GGT, fosfatasi alcalina..) e lieve iperbilirubinemia mista.
· RADIOGRAFIA DEL TORACE. Consente di valutare due aspetti fondamentali del paziente con scompenso cardiaco: le aumentate dimensioni del cuore e la congestione polmonare.
· ELETTROCARDIOGRAMMA. Questo esame non fornisce reperti specifici per la diagnosi di insufficienza cardiaca, può tuttavia evidenziare alterazioni tipiche della cardiopatia di base (infarto, ipertrofia ventricolare, aritmie)
· ECOCARDIOGRAMMA. Questo esame utilizza gli ultrasuoni per esaminare la struttura ed il movimento del cuore e delle valvole e fornisce la possibilità di misurare la capacità di pompa del cuore ad ogni battito. Tale parametro è detto frazione di eiezione.
ECG DINAMICO (secondo HOLTER). Oltre che per lo studio della variabilità della frequenza cardiaca, il monitoraggio ECG delle 24 ore consente di identificare aritmie parossistiche che causano o esacerbano i sintomi dello scompenso cardiaco. Solitamente l’interpretazione della registrazione ECG-grafica secondo Holter non è in gran valore per stabilire la presenza di scompenso cardiaco.
·
· ELETTROCARDIOGRAMMA DA SFORZO. Attraverso la misurazione di diversi parametri (massimo carico lavorativo tollerato, massima frequenza cardiaca raggiunta e durata totale dello sforzo) questo esame consente di quantificare la capacità lavorativa del paziente.
· TEST DA SFORZO CARDIOPOLMONARE. Consente di ottenere, mediante l’esecuzione di un test da sforzo con concomitante misurazione dei parametri respiratori, una valutazione quantitativa della capacità lavorativa e respiratoria insieme.
· SCINTIGRAFIA MIOCARDICA DI PERFUSIONE. Consente di misurare sia la capacità di pompa del cuore (frazione di eiezione) sia la velocità di riempimento ventricolare.
· CORONAROGRAFIA. Tale esame consente di confermare o escludere una diagnosi clinica di ostruzione coronaria. La sua esecuzione comporta l’iniezione, attraverso speciali sonde dette cateteri, di mezzo di contrasto nelle arterie coronariche e quindi la loro visualizzazione radiologica (angiografia).
· VENTRICOLOGRAFIA RADIONUCLIDICA. È un metodo radiologico di studio dell’anatomia delle cavità cardiache, dei grossi vasi e dei rapporti tra queste strutture nonché della contrattilità globale e segmentaria dei ventricoli. Esso consente di misurare sia la capacità di pompa del cuore o frazione di eiezione sia la velocità di riempimento ventricolare. La sua esecuzione comporta l’iniezione, attraverso speciali sonde dette cateteri, di mezzo di contrasto nelle cavità cardiache e quindi la loro visualizzazione radiologica
Terapia
Il programma di cura include include:
Alcune modifiche dello stile di vita. I sintomi dello scompenso cardiaco possono essere controllati eliminando il fumo, riducendo il peso corporeo, limitando l’assunzione di alcool e di caffeina e cambiando le abitudini alimentari, con la riduzione di sale e di grassi. E’ parimenti utile per alcuni pazienti praticare un modesto esercizio fisico la cui quantità ed intensità deve essere
monitorata dal medico (vedi tabella).
2) Terapia farmacologia.. Comprende l’uso di:
- Diuretici. Aiutano a rimuovere dall’organismo l’eccesso di liquidi, alleviando il gonfiore di piedi e caviglie nonché la difficoltà di respirazione.
- Digitale. Migliora la forza contrattile de cuore, che pompa quindi con più forza, e regola un battito cardiaco troppo rapido o irregolare.
- Vasodilatatori. Aiutano il lavoro del cuore dilatando i vasi sanguigni e riducendo così la pressione arteriosa.
- ACE-inibitori e antagonisti recettoriali dell’angiotensina II. Sono vasodilatatori in grado di contrastare gli effetti negativi di sostanze ormonali (angiotensina) che si attivano nello scompenso cardiaco e che contribuiscono al suo peggioramento. Essi si sono dimostrati in grado di rallentare la progressiva perdita della forza contrattile del cuore ed in grado anche di migliorare la sopravvivenza nei pazienti scompensati.
Riducendo la frequenza del battito cardiaco e la pressione arteriosa, diminuiscono il lavoro cardiaco e quindi il fabbisogno di ossigeno del cuore. Si sono dimostrati in grado di ridurre la mortalità in pazienti con scompenso cardiaco anche in fase avanzata.
Beta-bloccanti. - Antialdosteronici. Sono diuretici che possono migliorare la sopravvivenza quando lo scompenso è grave bloccando l’azione di un ormone prodotto in eccesso nello scompenso cardiaco (aldosterone). inoltre contrastano la perdita di potassio indotta dagli altri diuretici.
- Antiaritmici. Stabilizzano il battito cardiaco in presenza di aritmie.
- Statine. L'evoluzione del paziente con disfunzione ventricolare sinistra verso lo scompenso cardiaco è legata spesso all'insorgenza di un nuovo evento coronario. Le statine riducono l'incidenza di eventi coronarici e per questo possono ridurre l'incidenza dello scompenso cardiaco. Tale ipotesi è stata confermata dallo studio 4S in cui si è evidenziato una riduzione dell'incidenza degli episodi di scompenso nei pazienti trattati con simvastatina rispetto al gruppo placebo.
3) Dispositivi elettronici di supporto ventricolare. Pazienti con scompenso cardiaco avanzato e con turbe del ritmo e della conduzione intraventricolare possono essere trattati in maniera favorevole con l’impianto, in una tasca sottocutanea previa anestesia locale, di dispositivi elettronici di supporto quali il defibrillatore e il pacemaker multisito.
· Il defibrillatore trova indicazioni nel caso in cui il cuore è a rischio di sviluppare un ritmo potenzialmente pericoloso tale da causare, in alcuni casi, l’arresto cardiaco (morte improvvisa). Esso controlla il ritmo cardiaco e interviene per:
- interrompere un ritmo accelerato e ripristinare il ritmo normale;
- erogare uno shock salvavita (defibrillazione) per arrestare un’aritmia pericolosa;
- regolare i battiti del cuore come un normale pacemaker.
· Il pacemaker multisito consente di ottenere un miglioramento nella sincronia di contrazione dei due ventricoli, che spesso viene persa nei casi di scompenso.
Terapia chirurgica. Può essere presa in considerazione nei casi in cui sia presente una ischemia miocardica dovuta ad insufficienza coronarica, in questi casi può essere indicata la rivascolarizzazione o chirurgica o tramite angioplastica. La rivascolarizzazione rifornisce di sangue il muscolo cardiaco e ne migliora la funzione .Nei pazienti con scompenso cardiaco severo vi è indicazione al trapianto cardiaco, che richiede tuttavia un tempo di attesa di mesi o di anni. I candidati al trapianto che non migliorano con nessuna terapia, anche somministrata per via endovenosa, necessitano di supporti meccanici per migliorare la funzione ventricolare sinistra (LVAD). Questi supporti non sono attualmente in grado di sostenere in maniera protratta il cuore e sono pertanto considerati un “ponte” per il trapianto. Una procedura chirurgica sperimentale è da considerarsi la cardiomioplastica che consiste nel posizionare intorno al cuore un lembo muscolare del latissimo del dorso, azionato da un pace-maker .
Vivere con lo scompenso
Lo scompenso cardiaco è una malattia grave. Circa 2/3 dei pazienti muoiono nei cinque anni successivi alla diagnosi. La prognosi di un paziente dipende dall’età, dalla gravità dello scompenso e dalle patologie concomitanti. Via via che la malattia progredisce, il paziente perde la capacità di eseguire anche un’attività fisica modesta e può divenire non autosufficiente. La perdita della capacità funzionale può essere accelerata da nuovi eventi ischemici cardiaci o dalla presenza di altre patologie che possono influenzare la contrattilità. Il 50% dei pazienti con scompenso cardiaco può morire per morte improvvisa.
Il paziente con scompenso cardiaco per migliorare il decorso della sua malattia deve:
Sottoporsi a visite periodiche
4 Seguire strettamente le prescrizioni mediche
4 Assumere i farmaci come prescritto.
4 Informare prontamente il medico di qualsiasi cambiamento della propria condizione clinica o della comparsa di effetti collaterali. Può essere utile compilare dei questionari che consentano di valutare la capacità funzionale del soggetto e le sue modifiche nel tempo
Parola d’ordine: collaborazione
Anche seguendo in modo ottimale le indicazioni del medico, la malattie può peggiorare soprattutto se non vi è collaborazione da parte del paziente. Pertanto occorre porre il massimo sforzo per controllare i fattori di rischio (fumo, ipertensione, ipercolesterolemia, diabete, obesità) attraverso soprattutto la cura di se stessi :
r Controllare il proprio peso.
r Porre attenzione all’alimentazione (mangiare meno sale).
r Non fumare.
r Astenersi o limitare drasticamente il consumo di alcool.
Inoltre, vi sono alcuni punti che andrebbero sempre discussi con il proprio medico.
â Descrivere brevemente i sintomi anche quelli ritenuti non importanti.
â Può essere utile annotare una lista dei sintomi in modo da non dimenticarli.
â Informare il dottore su tutti farmaci assunti anche quelli da banco.
â Essere sicuri di aver compreso tutte le informazioni date dal medico in particolare quelle riguardanti la posologia ed il dosaggio.
â Essere a conoscenza su tutti gli effetti collaterali per ciascun farmaco.
â Chiedere il significato di qualsiasi termine medico non ben compreso.
â Informare il medico di qualsiasi problema anche quello ritenuto di scarsa importanza
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