EUROFLAG TODAY

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domenica 16 gennaio 2011

IL LINGUAGGIO DEL CUORE

INSUFFICIENZA CARDIACA.
DALLA FISIOPATOLOGIA  ALLA VALUTAZIONE FUNZIONALE


Breve nota per “non specialisti” impegnati nel trattamento di una patologia già nota agli antichi medici e destinata a diventare una delle malattie più frequenti del terzo millennio

A cura di Rosanna Spinelli e Massimo Romano,
Medicina Interna I, Azienda Ospedaliera Universitaria,
Università Federico II, Napoli                   


INTRODUZIONE

Questo piccolo libro si propone di orientare il lettore non specialista sulla problematica dell’insufficienza cardiaca e in particolare su come orientarsi nei rapporti tra fisiopatologia, clinica e strumenti per la valutazione clinica e terapeutica.
Lo studio dell’insufficienza cardiaca e della sindrome da scompenso cronico congestizio è pieno di difficoltà. Poiché la condizione è cronica, progressiva ed infine terminale, i medici cercano la prova che il farmaco proposto alla loro osservazione metterà in  grado i loro pazienti di:
·        sentirsi meglio
·        fare di più
·        vivere più a lungo.
Il primo di questi parametri clinici è estremamente soggettivo e un accordo su una metodologia universalmente accettabile per il secondo deve ancora essere raggiunto. Lo studio del terzo parametro richiede un imponente numero di pazienti (probabilmente duemila o più) ed anche allora è difficile valutare un prolungamento della vita misurato in mesi piuttosto che in anni.
Queste difficoltà spiegano perché gli sperimentatori devono ricorrere a parametri più “accademici”, come portata cardiaca, pressione capillare polmonare “wedge”, pressione atriale destra di riempimento, frazione di eiezione ventricolare sinistra e così via.
Queste sono misure che almeno ci dicono qualcosa circa gli effetti che i farmaci possono avere sulla funzione “idraulica” (emodinamica) del cuore e sull’apporto di sangue, sebbene essi spesso non possano dirci quali miglioramenti nello stato clinico possiamo aspettarci.
Quindi lo scopo è di spiegare perché alcuni parametri sono stati scelti come standards e perché altri sono considerati meno attendibili.
Questo piccolo libro inizia con il ricordarvi ciò che accade in un cuore normale e cosa accade in presenza di una insufficienza cardiaca. Esso poi continua e si sofferma sui metodi e sulle misurazioni che gli sperimentatori adoperano per identificare e valutare i parametri emodinamici, conclude infine con i miglioramenti determinati nello stato funzionale.



Capitolo 1

SISTEMA IDRAULICO FISIOLOGICO


I libri sulla medicina cardiovascolare spesso iniziano spiegando quanto sia complicato il sistema cardiovascolare, come esso sia influenzato da un’intera gamma di differenti fattori fisiologici e come sia fondamentale mantenere il delicato equilibrio tra questi fattori per un efficace funzionamento del corpo. Tutto ciò è vero, comunque le prime nozioni di questo sistema sono abbastanza facili da comprendere.
IL MODELLO DI RISCALDAMENTO CENTRALIZZATO
Pensate al sistema cardiovascolare come ad una sorta di sistema fisiologico, non diverso da un circuito di riscaldamento centralizzato domestico. Come in questo sistema, una pompa (il cuore) mantiene in circolazione un fluido (il sangue) in un sistema chiuso di condutture (vasi sanguigni) e radiatori (gli organi)[1].
Come alcuni dei più sofisticati sistemi di riscaldamento, il sistema cardiovascolare ha velocità di pompaggio variabili, così la quantità totale pompata può essere a volte aumentata, quando è necessaria una migliore prestazione. Il flusso può essere aumentato o diminuito attraverso parti specifiche del sistema, così come il flusso in un singolo radiatore può essere diminuito o aumentato.
FLESSIBILITA’ E BUONA REGOLAZIONE
Ovviamente questa analogia non dovrebbe essere portata troppo oltre. Il sistema cardiovascolare è, naturalmente, infinitamente più sofisticato del più avanzato sistema di riscaldamento e riesce ad ottenere un aggiustamento del flusso di cui gli ingegneri idraulici potrebbero solo sognare.
La chiave per questa regolazione – e la cosa che differenzia il sistema cardiovascolare da qualsiasi sistema idraulico creato dall’uomo – è che i condotti hanno pareti flessibili. Questa flessibilità deriva dal fatto che le pareti sono muscolari. Perciò la contrazione della parete riduce il diametro del condotto (vasocostrizione) e restringe il flusso sanguigno. Il rilassamento della parete aumenta il diametro del condotto (vasodilatazione) ed aumenta il flusso sanguigno. Differenti parti del sistema si costringono o si dilatano in tempi diversi, a seconda dei bisogni degli organi che riforniscono.

CIO’ CHE FA IL SISTEMA IDRAULICO
 Il sistema idraulico cardiovascolare provvede ad un trasporto essenziale per l’intero corpo. Il suo ruolo più importante è trasportare ossigeno dai polmoni ai tessuti e scorie dai tessuti ai polmoni ed in particolare ai reni.

LA POMPA: IL CUORE DEL SISTEMA
Il cuore è una pompa in forma di sacca muscolare a cui si può pensare come ad un’espansione del sistema della tubazione idraulica. Le sue piccole dimensioni non mancano mai di sorprendere le persone – un cuore umano medio misura circa quanto un pugno. Ciononostante esso è in grado di pompare l’equivalente di circa 400 milioni di litri di fluido durante la durata media di una vita. Quest’azione di pompaggio è procurata dalla contrazione e rilassamento ritmico del muscolo che forma la parete cardiaca: il miocardio. La contrazione del miocardio (sistole) pompa il sangue contenuto all’interno della sacca verso il sistema circolatorio. Il seguente rilassamento del miocardio (diastole) permette alla sacca di riempirsi di nuovo. Le valvole all’entrata e all’uscita della sacca assicurano che il sangue fluisca sempre nella giusta direzione.

IL CUORE BATTE PIU’ VELOCEMENTE…
In una persona a riposo il miocardio si contrae, batte, ad un ritmo costante. Questo ritmo è di circa 70 battiti al minuto. La frequenza cardiaca può tuttavia essere modificata dall’esterno del cuore, e le influenze che hanno quest’effetto sono descritte come cronotrope. Quelle che aumentano la frequenza cardiaca si dice che sono positivamente cronotrope, mentre quelle che diminuiscono la frequenza cardiaca sono negativamente cronotrope.

…E PIU’ DURAMENTE
La forza con cui il miocardio si contrae è definita inotropia, e qualsiasi cosa influenzi questa forza si dice che ha un effetto inotropo. Le influenze positivamente inotrope aumentano la forza di contrazione e quelle negativamente inotrope la diminuiscono.

UNA POMPA O DUE?
Il cuore è diviso da una spessa parete centrale in parte sinistra e parte destra. Il sangue da un lato non può mescolarsi con quello dell’altro lato. Così, sebbene si parli del cuore come di una pompa è molto più giusto pensare ad esso come a due pompe separate: una a destra ed una a sinistra.
La pompa di sinistra pompa sangue ossigenato dai polmoni al resto del corpo. La pompa di destra pompa sangue deossigenato dai tessuti ai polmoni per la ossigenazione (vedi diagramma pag. 8).

IL FLUSSO SANGUIGNO ATTRAVERSO LA POMPA
Ciascuna delle due pompe è suddivisa in due cavità: un atrio superiore ed un ventricolo inferiore Il sangue entra nella pompa sempre attraverso l’atrio ed esce attraverso il ventricolo. Le valvole all’interno della pompa assicurano che il sangue scorra sempre nella giusta direzione.
L’attività miocardica è coordinata in modo che l’atrio si contragga prima del ventricolo. All’inizio di ogni ciclo di pompaggio il sangue fluisce nell’atrio dalla circolazione. Una volta riempito di sangue l’atrio si contrae, pompando il suo contenuto nel ventricolo. Poi, quando il ventricolo è pieno di sangue, anche le sue pareti si contraggono, pompando il suo contenuto nei vasi sanguigni.
L’attività di pompaggio della pompa destra e di quella sinistra sono strettamente coordinate, così che l’atrio destro e quello sinistro si contraggono insieme ed il ventricolo sinistro e quello destro si contraggono insieme.

IL SANGUE SCORRE ATTRAVERSO IL SISTEMA IDRAULICO
Il lato sinistro del cuore pompa sangue ossigenato all’intero corpo ad eccezione dei polmoni. I vasi che trasportano il sangue dal cuore sono le arterie. Queste sono relativamente strette, con spesse pareti muscolari che mantengono il sangue all’interno ad alta pressione. Le arterie si ramificano ripetutamente e diventano progressivamente più piccole, formando infine una rete che porta il sangue a tutti i tessuti del corpo.
Il sangue è drenato dai tessuti da una rete di vene Queste sono vasi più larghi delle arterie che raccolgono il sangue dai tessuti prima di farlo tornare al cuore. Per questa ragione le vene hanno pareti più morbide e flessibili delle arterie e sono dette, talvolta, vasi di capacitanza Il sangue al loro interno è a pressione relativamente bassa, quindi le valvole devono assicurare che il sangue scorra nella giusta direzione.
Le vene drenando il corpo trasportano il sangue al lato destro del cuore. Questo pompa il sangue ai polmoni per l’ossigenazione. Dai polmoni il sangue appena ossigenato va al lato sinistro del cuore e di lì viene pompato nuovamente verso il corpo.

IL TONO SIMPATICO

Quando è necessario sia il ritmo che la forza della contrazione cardiaca possono essere aumentati attraverso l’attivazione di beta-recettori all’interno del miocardio. Questi sono situati vicino alle terminazioni delle fibre nervose del sistema nervoso simpatico.
Quando il corpo si accorge che è necessario una portata cardiaca addizionale, vengono mandati degli impulsi elettrici dal cervello alle fibre nervose simpatiche fino alle terminazioni nervose. Qui vengono prodotte catecolamine; la loro quantità dipende dalla frequenza degli impulsi elettrici “sparati” alle fibre. Maggiore è la quantità “sparata”, maggiore è la quantità di catecolamine prodotte. Le catecolamine interagiscono con i beta-recettori all’interno del miocardio, attivando così un aumento nel ritmo e nella forza delle contrazioni cardiache.
Questo meccanismo di controllo è talvolta definito tono simpatico del cuore.
Una varietà di farmaci cardiovascolari esercitano il loro effetto mediante un’influenza sul sistema nervoso simpatico – per esempio i beta-agonisti aumentano il tono simpatico, mentre i beta-antagonisti bloccano, o almeno inibiscono il tono simpatico (da cui il sinonimo beta-bloccanti).
Le due principali catecolamine del corpo sono l’adrenalina e la noradrenalina. Nel miocardio esse agiscono come messaggeri chimici locali tra le fibre nervose e i beta-recettori. Oltre ad essere prodotte direttamente nel miocardio, come descritto sopra, le catecolamine possono anche essere prodotte dalle ghiandole adrenaliniche (da cui l’adrenalina e la noradrenalina prendono il nome). Esse sono prodotte qui nello stesso modo, cioè dalla stimolazione dovuta ad impulsi trasmessi attraverso le fibre nervose simpatiche. Esse sono poi rilasciate nel flusso sanguigno dove circolano come messaggeri sistemici, o ormoni.
Gli ormoni sono sostanze che agiscono come “messaggeri chimici”. Una combinazione di attività nervosa (elettrica) ed attività ormonale (chimica) è nota come attività neurormonale (sinonimo: attività neuroumorale).
La pressione ed il volume nei vasi venosi sono costantemente monitorati da speciali sensori noti come barorecettori. Se la pressione o il volume diminuiscono, il sistema nervoso simpatico viene automaticamente informato  e vengono attivate le risposte neurormonali.

RUOLO DEI RENI NEL SISTEMA CARDIOVASCOLARE
I reni giocano un ruolo vitale nel monitorare e nel mantenere la composizione ed il volume del sangue. Essi agiscono come un sistema altamente selettivo di filtrazione del sangue.
Il sangue è composto di particelle sospese in un fluido. Nel sangue che è stato in circolo nel corpo la parte fluida contiene molti prodotti di scarto che devono essere eliminati dal corpo. Il fluido contiene tuttavia anche altre sostanze che il corpo ha bisogno di ritenere, il ruolo dei reni è di disporre delle scorie senza perdere altre componenti vitali. Il trucco è filtrare il sangue sotto pressione, così che la parte fluida sia separata e di riassorbire poi dal fluido tutte le componenti di cui c’è ancora bisogno. Le sostanze non desiderate (principalmente scorie ed eccesso di acqua) possono poi essere scartate.
Il filtro comprende le sottili pareti membranose di minuscoli vasi sanguigni all’interno dei reni. La pressione di filtrazione nasce dalla forza della pompa cardiaca che lavora contro la resistenza creata da una sezione particolarmente costretta di ciascun minuscolo vaso sanguigno (vedi diagramma pag. 11). Quando il sangue tenta di passare attraverso questa costrizione, la massiccia “pressione di spinta” generata forza la parte fluida del sangue fuori dal vaso venoso attraverso la sottile parete del vaso.
Ad un punto oltre la costrizione avviene un riassorbimento selettivo attraverso la parete del vaso verso il flusso sanguigno.
Sostanze come il sodio, il potassio, il glucosio e la maggior parte dell’acqua sono restituite al sangue , mentre urea ed altre sostanze non desiderate sono scaricate in soluzione in forma di urina.
Se alla pressione del sangue fornito ai reni (pressione di perfusione renale) viene permesso di diminuire, la pressione di filtrazione diminuirà ed i reni non saranno in grado di funzionare in maniera appropriata, una situazione che potenzialmente ha fatali risultati. Per evitare ciò, i reni controllano la loro pressione e, nel farlo, influenzano la pressione del sangue in tutto il corpo. Tutto ciò avviene grazie al sistema renina-angiotensina-aldosterone (sistema RAA).
Se la pressione diminuisce i reni rilasciano renina. Questo è un enzima che promuove la produzione di angiotensina, una sostanza che  è una potente causa di vasocostrizione in tutto il corpo (alzando così la pressione sanguigna). L’angiotensina provoca anche il rilascio di un ormone, l’aldosterone, che  riduce l’ammontare di acqua persa nelle urine, aumentando così il volume sanguigno totale (e, ancora, aumentando la pressione sanguigna).

COSA AVVIENE NELL’INSUFFICIENZA CARDIACA?
Per ciò che concerne il nostro scopo attuale l’insufficienza cardiaca può essere descritta come la condizione che si presenta quando il cuore non può pompare sangue a sufficienza ai tessuti. Ciò porta, inevitabilmente, ad una carenza di sangue in alcuni tessuti. Forse più sorprendentemente, ci può anche essere un accumulo di sangue in altri tessuti, perché il cuore non può pompare indietro il sangue abbastanza rapidamente.
Nell’insufficienza  il cuore non riesce a pompare abbastanza sangue per soddisfare i bisogni di organi come il cervello, i reni ed i muscoli scheletrici sicché la persona si sente molto stanca e letargica. Alla stessa maniera, tuttavia, il cuore non può svuotare i polmoni dal sangue in maniera appropriata. Ne risulta che il sangue ed il fluido all’interno dei polmoni tende ad accumularsi, creando difficoltà respiratoria.
Quindi i due sintomi principali dell’insufficienza cardiaca sono  l’affaticamento e la fame d’aria. Con il peggiorare delle condizioni il paziente si sente sempre peggio e riesce a fare sempre meno. La morte quando sopravviene è in molti casi collegata con una crisi respiratoria.

CAUSE DELL’INSUFFICIENZA CARDIACA
E’ una sindrome piuttosto che una malattia. La sindrome può avere molte cause, ma ora non le esamineremo tutte. Le cause possono essere comunque divise in due tipi principali:
·        problemi di pompa, quando la causa sta all’interno del cuore stesso. Un danno al miocardio dovuto a un infarto acuto  può essere un esempio. In questi casi c’è una perdita di forza contrattile.
·        Problemi idraulici , quando la causa sta al di fuori del cuore. Il sistema idraulico può essere sovraccarico, per esempio, c’è troppo fluido nel sistema, o forse perché la pressione è troppo alta.[2]

PROGRESSIONE DELL’INSUFFICIENZA CARDIACA
Essa peggiora con il tempo. Una quantità di meccanismi contribuiscono a questo deterioramento. Diversi di questi sono meccanismi compensatori  che risultano benefici nei primi stadi dell’insufficienza cardiaca, ma che tendono a rendere la situazione peggiore con il passar del tempo.
Uno dei primi meccanismi di compensazione è l’aumento del tono simpatico. Inizialmente ciò è d’aiuto, perché fa lavorare più intensamente il cuore, così che l’apporto di sangue aumenta. Dopo un po’ di tempo, però, l’aumento della frequenza cardiaca che ne consegue (tachicardia) fa peggiorare le cose perché il cuore diventa sempre più “stanco”.
Un successivo meccanismo di compensazione è un ingrandimento del cuore stesso: Esso è definito ipertrofia cardiaca e come l’aumento del tono  simpatico è inizialmente utile. Le camere cardiache si dilatano e le pareti delle cavità diventano più spesse e più muscolose, così che il cuore può pompare più sangue ad ogni battito.
Poiché però l’ipertrofia continua le pareti cardiache diventano “sovradistese” e  flosce  e quindi il cuore non può più contrarsi in maniera efficiente. Una volta che questo inizia a succedere un’ulteriore ipertrofia diviene controproducente.
L’entità dell’ipertrofia cardiaca può essere evidenziata con un esame radiografico del torace del paziente. Il rapporto tra le dimensioni del cuore e le dimensioni della cavità toracica è definito rapporto cardiotoracico (CTR). Un alto rapporto cardiotoracico implica  che ci è stata una ipertrofia cardiaca. L’esame elettrocardiografico (ECG) può suggerire la presenza di ipertrofia delle pareti ventricolari e l’esistenza di una dilatazione delle camere. Però un esame ecocardiografico può ben definirne lo spessore e le dimensioni e il volume. L’ecocardiografia è 5-10 volte più sensibile di un ECG nella scoperta di una ipertrofia del ventricolo sinistro.
Un altro meccanismo di compensazione  che contribuisce alla progressione della cardiopatia coinvolge il sistema renina-angiotensina-aldosterone. Quando l’efficienza di pompaggio diminuisce, l’apporto di sangue ai reni diviene minore e il sistema RAA viene attivato. Ciò migliora la perfusione renale, ma aumenta anche la vasocostrizione generale.
Pompare il sangue attraverso vasi sanguigni costretti è un lavoro più difficile che pomparlo attraverso vasi dilatati perciò la vasocostrizione generale tende ad aumentare la tensione sul cuore. Infine , naturalmente, ciò esacerba la cardiopatia.
La misura in cui il sistema RAA è stato coinvolto può essere stimata misurando l’ammontare di renina nel flusso sanguigno. Alti livelli di renina indicano un alto livello di coinvolgimento. L’attività plasma renina (PRA), perciò è un’altra misurazione importante per stimare la funzione cardiovascolare.

SINTESI
Nel circuito idraulico fisiologico i principi sono tutti molto semplici, però l’integrazione di tutta una gamma di semplici sistemi contempla un livello di controllo molto sofisticato.


CAPITOLO 2

MISURAZIONE DELL’EFFICIENZA DEL SISTEMA IDRAULICO


Si può valutare il funzionamento più o meno buono del sistema idraulico cardiovascolare misurando un certo numero di variabili emodinamiche.
L’emodinamica è lo studio del movimento del sangue e delle forze che questo esercita.
L’emodinamica centrale è l’emodinamica del cuore stesso, mentre l’ emodinamica periferica è lo studio del flusso sanguigno nel resto della circolazione.

INSUFFICIENZA CARDIACA: L’EMODINAMICA AL SERVIZIO DEL CLIENTE
Nell’insufficienza cardiaca il cuore non riesce a pompare abbastanza sangue per soddisfare i bisogni del corpo. Possiamo paragonare questa situazione con quella di un manager di una fabbrica che prova a portare la merce ai clienti; questi,
poiché hanno piazzato i loro ordini, la vogliono, ma non la ricevono. Il manager deve scoprire perché questo accade e cosa può essere fatto. Egli sa, per esperienza, che ci possono essere due probabili spiegazioni:
1.      La produzione non è sufficiente ad incontrare la domanda; forse si potrebbero persuadere gli addetti alla produzione a fare degli straordinari.
2.      La produzione non è insufficiente, ma la rete di distribuzione è inefficiente,         perciò i colli sono tenuti in transito, oppure talvolta vengono mandati nel posto sbagliato. Il reparto addetto alla distribuzione ha bisogno di una scossa radicale per far muovere le cose.
Il ruolo dei ricercatori dell’emodinamica non è diverso da quello del nostro manager. Egli tenta di scoprire se la produzione del cuore è adeguata e se non lo è, perché. Nello stesso tempo egli ha bisogno di sapere se c’è o meno un qualsiasi problema nel portare il sangue fuori dal cuore  e nelle varie parti della circolazione.

METODI DI VALUTAZIONE
Nel valutare le funzioni circolatorie e cardiache i ricercatori emodinamici devono fare una serie di misurazioni. Poche di queste, come la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna, sono facili da ottenere. Molte altre si avvalgono di attrezzature speciali e possono comportare dei disagi per il paziente.
Per misurare la pressione all’interno di una delle cavità cardiache, per esempio, deve essere inserito un tubo sensibile alla pressione (catetere) lungo uno dei vasi sanguigni più larghi, finché questo penetri nel cuore stesso. Questa procedura – cateterizzazione intracardiaca – è descritta come invasiva, e comporta un inevitabile margine di rischio. Il margine di rischio deve sempre essere valutato per ciascun paziente.

PORTATA CARDIACA
La portata cardiaca è il volume del sangue che il sangue pompa ogni minuto[3].

INDICE CARDIACO
La portata cardiaca in una persona grossa è probabilmente maggiore di quella di una persona piccola (perché le persone grosse tendono ad avere cuori più grandi). Ciò rende difficile comparare i risultati dei vari pazienti.
L’indice cardiaco (portata cardiaca per unità di superficie corporea) mette in relazione la portata cardiaca con la taglia della persona misurata come area di superficie. Per scopi comparativi ( in sperimentazioni cliniche, per esempio) è una variabile molto utile (vedi fig. pag.19).

VOLUME SISTOLICO
E’ il volume del sangue espulso dalla cavità cardiaca ad ogni contrazione. Esso è strettamente connesso con la portata cardiaca. Infatti: (vedi fig.1 pag.20).
 Poiché è difficile misurarlo direttamente, il volume sistolico si ottiene di solito dividendo la portata cardiaca per la frequenza cardiaca.

INDICE DEL BATTITO CARDIACO
Come la portata cardiaca, anche il volume sistolico varia con il variare delle dimensioni corporee. L’indice del battito cardiaco è il volume sistolico per unità di superficie corporea, quindi è più utile esso è più utile per scopi comparativi (vedi fig.2 pag. 20).

FRAZIONE DI EIEZIONE
All’inizio della contrazione la cavità cardiaca è piena di sangue. Alla fine buona parte di quel sangue è stato spinto fuori, ma la cavità cardiaca non si svuota mai completamente. La frazione di eiezione (espressa come percentuale) mette in relazione la quantità di sangue spinto fuori (volume sistolico) con il volume originale che era presente all’interno della cavità. Il volume originale viene definito volume telediastolico, perché è misurato alla fine della fase di  rilassamento (diastole), appena prima dell’inizio della contrazione. Questo è il momento in cui il cuore è riempito al massimo (vedi fig. pag. 21).
Per molti versi la frazione di eiezione è un indicatore migliore dell’efficienza di pompa del cuore, di quanto sia il volume sistolico. Ciò accade perché essa mostra quanta attività il cuore stia compiendo al momento, in proporzione all’ammontare massimo di lavoro che esso potrebbe svolgere in teoria.
Esiste un problema con la frazione di eiezione come misura dell’efficienza di pompa ed è rappresentato dal fatto che essa presume che il sangue in eiezione stia scorrendo tutto nella direzione giusta. In soggetti con valvola mitrale insufficiente (la valvola a senso unico tra la cavità superiore e quella inferiore del lato sinistro del cuore), il sangue espulso dal ventricolo sinistro potrebbe rifluire verso l’atrio sinistro. Un tale rigurgito mitrale potrebbe distorcere il valore della frazione di eiezione.
La frazione di eiezione è più difficile da misurare del volume sistolico. Essa deve essere ottenuta da immagini del cuore in azione. Esse possono aversi con una ventricolografia. Una sostanza radioattiva viene iniettata nelle cavità cardiache, e vengono prese delle immagini usando un’apparecchio fotografico sensibile alle radiazioni. Il principio è simile a quello del “pasto di bario” usato per fare radiografie all’intestino.
L’ecocardiografia, una tecnica ultrasonica, si usa correntemente per stimare la funzione regionale e quella globale dei ventricoli. Essa è in grado di misurare in modo relativamente semplice e ripetibile lo spessore delle pareti ventricolari per stabilire se esiste un’ipertrofia concentrica (p.es. nel paziente iperteso o con stenosi della valvola aortica), o regionale (come nella cardiomiopatia ipertrofica) e la contrattilità regionale (alterata nel paziente ischemico o infartuato) o globale (come nella cardiomiopatia dilatativa). Per mezzo dell’ecocardiografia è quindi possibile calcolare il volume telediastolico e telesistolico dei ventricoli e di stimare la frazione di eiezione del ventricolo sinistro (importante fattore predittivo di sopravvivenza e di eventi cardiaci futuri nello scompenso cardiaco) e le dimensioni degli atri, così come la funzionalità delle valvole e le dimensioni dell’arteria polmonare e dell’aorta.
Inoltre è ormai consolidato l’impiego dell’ecocardiografia come stress provocativo per la determinazione dell’esistenza e entità del miocardio con alterata cinesi ma vitale e dell’ischemia indotta dallo sforzo o con agenti come dobutamina, dipiridamolo, atropina, pacing. L’uso del doppler consente una stima della funzione diastolica del ventricolo e delle valvole cardiache, in particolare stimando l’entità dei rigurgiti, i flussi venosi e di misurare in modo noninvasivo le pressioni. L’ulteriore introduzione dell’ecocardiografia transesofagea ha consentito un’unica opportunità nella diagnostica di urgenza della dissezione aortica e di complicanze della chirurgia del cuore e nell’utilità clinica della diagnosi di trombi in atrio e di corretta analisi delle patologia valvolare.

PRECARICO: IL CUORE COME UN PALLONCINO
Il volume sistolico, la frazione di eiezione e la portata cardiaca sono tutte determinate, in qualche misura, dalla forza della contrazione miocardica. Ciò rende il precarico una chiave variabile nelle indagini emodinamiche.
In tutti i muscoli la forza di contrazione è correlata al grado di “tensione” prima della contrazione. Pensate ad una fionda – maggiore è la forza con cui tirate l’elastico, maggiore sarà la velocità con cui viaggerà il proiettile.
Lo stesso accade per il miocardio quando il cuore si riempie di sangue. Immaginate il cuore come un palloncino che voi gonfiate e poi lasciate andar via così che esso corra per la stanza spinto da un getto di aria. Maggiore è la quantità di aria messa nel palloncino, maggiore sarà la sua velocità. In maniera simile maggiore è la quantità di sangue che affluisce al cuore durante la diastole, maggiore sarà la forza prodotta durante la sistole.
I cardiologi di solito spiegano questo fatto fisiologico in maniera più prosaica. Essi affermano che il miocardio si comporta secondo la legge di Starling, cioè che nei limiti fisiologici  la forza della contrazione cardiaca è proporzionale al grado di tensione delle fibre muscolari durante la diastole.
Il grado di tensione è definito precarico, ma non può essere misurato direttamente.
Come stima approssimativa, però, si può supporre che il grado di tensione nel tessuto muscolare sia proporzionale al volume della cavità cardiaca alla fine della diastole (volume telediastolico). Così il precarico è talvolta descritto, inesattamente, come il volume del sangue che il cuore deve trattare ad ogni battito.
Poiché ci sono due pompe, ci sono due differenti precarichi - destro e sinistro – da misurare. Per ciascuno dei due vengono usati metodi diversi.

PRECARICO DESTRO
Sappiamo che per stimare il precarico bisogna valutare il volume telediastolico. E’ possibile fare ciò grazie ad immagini del cuore simili a quelle usate per misurare la frazione di eiezione, ma le stime ottenute in questo modo non sono abbastanza accurate da essere molto utili.
La maniera più accurata per valutare il volume telediastolico è attraverso la pressione esercitata dal sangue in ciascuna cavità. Per misurare questa pressione telediastolica (o pressione di riempimento), può essere inserito nelle stesse cavità cardiache un catetere sensibile alla pressione.
Nel lato destro questa è una procedura relativamente semplice. Un catetere viene passato in una delle vene più larghe del corpo e spinto finché esso entra nell’atrio destro. Quindi la pressione telediastolica nell’atrio destro viene misurata ed usata come valutazione del precarico destro.

PRECARICO SINISTRO
Inserire un catetere nel lato sinistro del cuore è più complicato perché non c’è una via diretta. E’ possibile (sebbene non molto desiderabile) inserire un catetere nel lato destro del cuore, fare poi un foro nel lato sinistro e spingervi il catetere attraverso. Come si può supporre, tuttavia, questa procedura è in qualche modo rischiosa e viene praticata solo occasionalmente.
Per valutare il precarico sinistro si usa, invece, più solitamente una misurazione definita pressione capillare polmonare media (PCWP). Questa è la pressione all’interno dei minuscoli vasi sanguigni (capillari) nei polmoni che portano il sangue verso la pompa cardiaca sinistra. Ciò si ottiene facendo scorrere un catetere in una vena direttamente verso il lato destro del cuore, finché raggiunge i polmoni e si incunea in un capillare polmonare ( da cui la definizione wedge pressure)
La PCWP è solitamente considerata una valutazione ragionevolmente affidabile della pressione ventricolare sinistra di riempimento (LVFP) e, quindi, del precarico sinistro.

POST- CARICO
Finora abbiamo parlato delle variabili che sono influenzate principalmente da fattori che riguardano il cuore stesso. Il post-carico è una variabile controllata principalmente da fattori che riguardano la circolazione. E’ una misura del lavoro che il cuore deve svolgere per far uscire il sangue e farlo circolare nel corpo.
Il post-carico è determinato dalla resistenza a scorrere che il sangue incontra quando lascia il cuore. Se c’è molta resistenza il cuore deve lavorare più intensamente per mandare il sangue nei vasi. Quando c’è minor resistenza il cuore ha minor lavoro da svolgere.
Come il precarico, il post-carico non può essere misurato direttamente. Per questa ragione viene solitamente valutato dalla resistenza vascolare sistemica (SVR) [4]

RESISTENZA VASCOLARE SISTEMICA
E’ la resistenza che il sangue incontra nei vasi che riforniscono l’intero corpo, tranne i polmoni..
La resistenza è determinata principalmente dal diametro dei vasi sanguigni. Vasi stretti (costretti) hanno un’alta resistenza; vasi più larghi (dilatati) presentano una minor resistenza.
Pensate di nuovo al palloncino pieno d’aria. Se lasciate l’imboccatura completamente, l’aria esce velocemente ed il palloncino si sgonfia subito. Se invece tenete l’imboccatura in modo che vi sia solo un’uscita stretta, l’aria incontra maggior resistenza ad uscire ed il palloncino si sgonfia molto più lentamente.
Purtroppo è molto difficile misurare direttamente la resistenza, come pure il diametro dei vasi. Per questa ragione la resistenza deve essere stimata con la misurazione della pressione sanguigna.

PRESSIONE SANGUIGNA
E’ la forza per unità di superficie esercitata  sulle pareti dei vasi dal sangue all’interno[5].
Quando viene misurata la pressione, questa forza è tradotta nella forza necessaria per sollevare una colonnina di mercurio. Perciò la misurazione della pressione sanguigna viene espressa in “millimetri di mercurio” (mmHg).
La pressione sanguigna è fondamentale per il funzionamento del sistema cardiovascolare. Se il sangue non fosse sotto pressione, non si muoverebbe attraverso i vasi sanguigni. Una pressione troppo alta crea una notevole tensione sulle pareti dei vasi. Essa può portare a danni strutturali permanenti e può anche causare lo scoppio dei vasi.
Per queste ragioni, la pressione sanguigna è una misura emodinamica di fondamentale importanza.
La pressione esercitata da un qualsiasi fluido in un tubo ha tre cause determinanti:
·        Il diametro del tubo
·        Il volume del fluido già nel tubo
·        Il volume del fluido che deve essere pompato nel tubo.
Per la pressione sanguigna ci sono perciò tre cause determinanti:
·        Diametro del vaso
·        Volume del sangue
·        Portata cardiaca.

PRESSIONE SANGUIGNA E VOLUME DEL SANGUE
Il volume del sangue rimane più o meno costante per la maggior parte del tempo, a meno che non se ne perda una massiccia quantità durante un incidente. Quindi in circostanze normali il volume sanguigno ha un’influenza relativamente scarsa nei cambiamenti della pressione sanguigna.

PRESSIONE SANGUIGNA E PORTATA CARDIACA
L’azione di pompaggio del cuore causa una pulsazione del sangue lungo le arterie. Questa può essere sentita in varie zone del corpo (come il collo o il polso) come polso. La pulsazione del sangue attraverso il sistema causa fluttuazioni nella pressione del sangue lungo le arterie. La pressione è alta durante la sistole (quando il sangue viene pompato nei vasi), e bassa durante la diastole (quando il sangue entra nel cuore dai vasi). Di solito la misurazione della pressione dà entrambi i valori, con la pressione sistolica per prima. Così un valore tipico per un uomo giovane e sano potrebbe essere 120/80mmHg. La pressione arteriosa media  (mAP) è calcolata usando la seguente formula: (vedi pag. 29).

PRESSIONE SANGUIGNA E DIAMETRO DEL VASO

Se il volume del sangue e la produzione cardiaca sono mantenute costanti, la pressione sanguigna è determinata unicamente dal diametro del vaso; quando quest’ultimo si riduce (costrizione) la pressione cresce; quando, invece, il diametro aumenta la pressione diminuisce.

PRESSIONE SANGUIGNA COME VALUTAZIONE DELLA SVR
Sia la pressione sanguigna (BP) che la resistenza vascolare sistemica (SVR) sono ampiamente determinate dal diametro del vaso. La pressione è facilmente misurabile, mentre non lo è la SVR.
Perciò la SVR viene spesso calcolata dalla BP secondo la seguente equazione: (vedi pag. 30)[6].

MISURAZIONE DELLA PRESSIONE VENTRICOLARE
Finora siamo riusciti ad evitare la misurazione diretta della pressione ventricolare. Ciò, tuttavia, è qualche volta essenziale, poiché è la base dell’unica tecnica affidabile per stimare la forza della contrazione miocardica (contrattilità miocardica), una variabile che non possiamo misurare direttamente.
Possiamo spiegare tutto questo riferendoci alla nostra analogia con il palloncino. Prendiamo un palloncino pieno d’aria ed ermeticamente chiuso, proviamo a schiacciarlo. La pressione all’interno aumenterà proporzionalmente alla forza di schiacciamento che esercitiamo.
La misurazione diretta della pressione ventricolare è una procedura rischiosa che prevede l’inserimento di un catetere sensibile alla pressione nel ventricolo stesso. Per questa ragione la misurazione della pressione ventricolare, specialmente quella del ventricolo sinistro, viene solitamente presa solo quando il paziente è già molto malato.
IL CICLO PRESSIONE - VOLUME
La pressione ventricolare è correlata al volume ventricolare. Ripensate al palloncino, mantenete l’imboccatura chiusa e stringete le pareti in modo che il volume interno si riduca. La pressione interna aumenterà. Tendete il palloncino in modo che esso diventi più grande e la pressione interna diminuirà.
La situazione in un vero ventricolo è leggermente più complessa perché le valvole ventricolari si aprono e si chiudono per permettere al sangue di entrare ed uscire dalle cavità, si applica comunque lo stesso principio. Considereremo il ventricolo sinistro.
Alla fine della diastole ventricolare le pareti del ventricolo sono rilassate  e la valvola di entrata del ventricolo (valvola mitrale) è aperta, lasciando che il sangue fluisca nella cavità ventricolare. Il volume ventricolare è al massimo mentre la pressione ventricolare è bassa. Quando la contrazione delle pareti ventricolari (sistole) inizia, la valvola mitrale viene chiusa (punto A sul diagramma pag. 31). Quando la valvola di entrata (mitrale) è chiusa e quella di uscita (aortica) non è ancora aperta, la contrazione delle pareti ventricolari provocherà un acuto innalzamento della pressione all’interno della cavità ventricolare. Il volume ventricolare cambia poco finché, in risposta alla pressione crescente, la valvola di uscita si apre (punto B nel diagramma pag. 31). Questo rilascia sangue dal ventricolo verso la circolazione ed il volume ventricolare diminuisce rapidamente. La pressione ventricolare continua comunque ad aumentare brevemente perché le pareti del ventricolo si stanno ancora contraendo per espellere il contenuto del ventricolo.
Dopo che il ventricolo ha espulso la maggior parte del suo contenuto la valvola di uscita si chiude nuovamente (punto C del diagramma pag. 31). A questo punto il volume del ventricolo è al minimo, ma la pressione ventricolare rimane alta. Appena le pareti della cavità iniziano a rilassarsi la pressione ventricolare crolla rapidamente ma il volume cambia di poco finché la valvola mitrale si apre (punto D nel diagramma pag. 31) ed il ventricolo ricomincia a riempirsi di sangue.
I cicli pressione – volume di questo genere si ottengono con la registrazione simultanea della pressione ventricolare, usando un catetere sensibile alla pressione e del volume ventricolare, con un ecocardiogramma o una tecnica visiva simile. Essi forniscono una fonte di informazione  circa gli effetti dei farmaci sulla contrattilità miocardica.
Un farmaco che aumenta la contrattilità miocardica (uno che ha un positivo effetto inotropo) provocherebbe uno spostamento verso sinistra e verso l’alto, presumendo che non vi sia un cambiamento nell’intero volume sanguigno. L’effetto è come quello dello schiacciamento del pallone, il pallone diventa più piccolo e la pressione all’interno aumenta.
Un farmaco che diminuisce la contrattilità miocardica (uno con un effetto inotropo negativo) provocherebbe uno spostamento del ciclo verso destra e verso il basso. L’effetto è quello dello stiramento del palloncino, il pallone si ingrandisce la pressione all’interno diminuisce.


VELOCITA’ MASSIMA DEL CAMBIAMENTO DELLA PRESSIONE VENTRICOLARE (dP/dt max)
Come abbiamo visto il rilassamento e la contrazione delle pareti muscolari del ventricolo producono variazioni della pressione nella cavità ventricolare; cioè la pressione della cavità ventricolare (P) cambia in rapporto al tempo (T).
Il dP/dt  esprime il differenziale di questa rapporto matematicamente ed indica la velocità a cui la pressione ventricolare (sinistra) cambia in un determinato momento. Questa velocità è determinata dalla forza con cui le pareti del ventricolo si contraggono.
Quindi, dP/dt max è la velocità massima del cambiamento della pressione ventricolare e riflette la forza massima che le pareti del ventricolo riescono a  produrre. Come per il ciclo pressione – volume, questo può essere usato per dimostrare gli effetti di un farmaco sulla contrattilità miocardica. Un farmaco che aumenta il dP/dt max aumenta la forza di contrazione ventricolare, in altre parole, ha un effetto inotropo positivo. Un farmaco che diminuisce il dP/dt max ha un effetto inotropo negativo.

SINTESI
Il ricercatore emodinamico che definisca la funzione cardiaca emodinamicamente ha bisogno soltanto di quattro variabili-chiave:
·        Indice cardiaco
·        Indice del volume sistolico
·        Precarico
·        Post-carico
Poiché, però, nessuno di questi può essere misurato direttamente, il ricercatore ha bisogno di misurare:
·        La portata cardiaca (indice cardiaco = portata cardiaca/superficie corporea)
·        la pressione capillare polmonare (pressione sinistra atriale di riempimento, che si avvicina alla pressione ventricolare di riempimento, che si avvicina al precarico sinistro).
·        Pressione sanguigna (valuta la resistenza vascolare sistemica, che si avvicina al post-carico).


CAPITOLO 3
VALUTAZIONE CLINICA

Le misurazioni emodinamiche possono rivelare molto circa lo stato interno del sistema idraulico, ma sono indicatori  inaccurati per quanto riguarda i sintomi clinici. Un incremento della frazione di eiezione, per esempio, di per sé non garantisce che il paziente si sentirà meglio, o che potrà fare di più. Alcuni pazienti hanno una funzioni cardiaca compromessa secondo i parametri emodinamici, tuttavia le loro attività sembrano relativamente non influenzate.
Quindi le misurazioni emodinamiche devono essere affiancate a metodi di accertamento clinico che valutino direttamente lo stato sintomatico dei pazienti e le loro reazioni ai farmaci.
Questo capitolo descrive alcuni dei metodi che sono correntemente usati nell’accertamento clinico dei pazienti cardiopatici. Si concentra particolarmente sui tests basati su esercizi, un metodo che fornisce misurazioni abbastanza oggettive di ciò che il paziente può fare.

LA CLASSIFICAZIONE NYHA
Il metodo più noto e più usato per misurare ciò che i pazienti possono fare è la classificazione della funzione cardiaca dell’Associazione Cardiaca di New York (NYHA).
Essa chiede al medico di valutare la relativa gravità dei sintomi del paziente in relazione ad una scala graduata.

CLASSIFICAZIONE FUNZIONALE DELL’INSUFFICIENZA CARDIACA
·        Classe I         Pazienti cardiopatici senza limiti di attività fisica.
·        Classe II    Pazienti cardiopatici che risultano avere una lieve limitazione dell’attività fisica (a riposo stanno bene; l’attività normale causa affaticamento, palpitazioni, fame d’aria o dolori anginosi).
·        Classe III       Pazienti cardiopatici che risultano avere una marcata limitazione    dell’attività fisica (a riposo stanno bene; un’attività al di sotto della norma causa affaticamento, etc. come sopra.).
·        Classe IV       Pazienti cardiopatici che risultano incapaci di svolgere qualsiasi attività fisica senza disagio. Anche a riposo ci possono essere sintomi di insufficienza cardiaca o di dolore anginoso.
I medici generalmente scoprono i sintomi chiedendoli agli stessi pazienti, quindi la classificazione tende ad essere soggettiva. Questo crea problemi quando i ricercatori cercano di comparare i risultati di un centro diagnostico con quelli di un altro: Veramente i pazienti presentavano cardiopatie della stessa gravità?
Un altro problema è che le fasce usate  nella classificazione sono molto ampie, tuttavia i tipi di miglioramenti che ci si può aspettare nell’insufficienza cardiaca dall’uso di farmaci sono spesso abbastanza ridotti.

TEST DI TOLLERANZA ALL’ATTIVITA’ FISICA
Questo tipo di test valuta la gravità della cardiopatia misurando la quantità di attività fisica che il paziente è in grado di svolgere. Sta diventando sempre più usato.
Naturalmente, in qualche misura, noi tutti siamo limitati dalla nostra capacità di svolgere attività fisica. Il tempo che impieghiamo a sentirci esausti dipende da quanto siamo in forma; un atleta olimpico impiega più tempo a stancarsi di un impiegato medio. Comunque i limiti sulla capacità di svolgere attività fisica sono più complessi.

LIMITI ALL’ATTIVITA’ FISICA NELL’INSUFFICIENZA CARDIACA
I sintomi principali delle cardiopatie sono i limiti all’attività fisica ed la fame d’aria. I disturbi al sistema emodinamico centrale contribuiscono in maniera rilevante a questi sintomi, ma non è tutto. Sono anche coinvolti altri fattori come il tono simpatico, un’aumentata attività reninica, ed una vasocostrizione generalizzata.
Le principali conseguenze di questi cambiamenti sono però chiare. C’è un ridotto apporto di ossigeno ai muscoli ed il paziente deve respirare più frequentemente di una persona sana per raggiungere lo stesso livello di attività fisica. In altre parole un paziente con insufficienza cardiaca si stanca più rapidamente di una persona sana e si trova “a corto di respiro” più in fretta.

TEST DI ATTIVITA’ FISICA MASSIMA
L’idea qui è semplice. Al paziente viene chiesto di fare esercizi il più a lungo possibile. Il punto in cui lui o lei deve fermarsi rappresenta la sua massima capacità di attività fisica.
Il problema con questo tipo di accertamento è che esso è altamente soggettivo. Il paziente avrebbe potuto proseguire se veramente avesse dovuto?  Questo paziente aveva fatto tardi la notte precedente? Se avesse mangiato meno a pranzo si sarebbe sentito meno stanco nel pomeriggio?
Per confermare che il paziente stia veramente lavorando al massimo delle sue capacità c’è bisogno di accertamenti oggettivi.

MISURAZIONI OGGETTIVE
I test sull’attività fisica furono originariamente sviluppati per valutare i pazienti con l’angina. Questa è una condizione cardiaca in cui il paziente sperimenta attacchi di dolore al petto causati dalla carenza di ossigeno all’interno del miocardio. Questi attacchi sono spesso provocati dall’esercizio.
Nell’angina il test sull’attività fisica viene fatto per scoprire quanto il paziente possa fare prima di provare dolore. Al paziente viene chiesto di camminare su un tappeto da corsa sul posto o di pedalare su una cyclette finché arriva il dolore (o finché non ce la fa più, il che avviene più rapidamente).
La carenza di ossigeno nel miocardio che causa l’angina può essere scoperta come cambiamento nell’attività elettrica del cuore. Questi cambiamenti sono registrati dall’elettrocardiogramma (ECG). Quindi l’ECG dà la conferma oggettiva del dolore (un’esperienza soggettiva) riferito dal paziente. I pazienti con insufficienza cardiaca non sperimentano necessariamente il dolore al petto, ma è molto più probabile che siano limitati da fame d’aria. Quindi essi sono come persone sane ad eccezione del fatto che la limitazione avviene  ad un livello minore di attività fisica. Può non esserci alcun cambiamento nell’ECG che provi che il paziente abbia raggiunto la capacità massima.
Nel paziente con insufficienza cardiaca l’equivalente del monitoraggio ecocardiografico  è  la misurazione del consumo di ossigeno del paziente durante la prova. Il ragionamento sotteso è abbastanza complesso, ma vale la pena di spendervi un po’ di tempo.
Ogni volta che inspirate, i vostri polmoni incamerano ossigeno dall’aria. Potete scoprire quanto ossigeno avete inspirato misurando l’ossigeno contenuto nell’aria intorno a voi  e quello dell’aria che voi espirate. La differenza tra questi due valori sarà pari al vostro consumo di ossigeno. La quantità del consumo di ossigeno (VO2) corrisponde all’assorbimento ad ogni respiro moltiplicato la quantità di respiro (ventilazione per minuto o VE vedi fig. pag. 38).
L’ossigeno è essenziale per l’attività muscolare, e quando questa aumenta (durante gli esercizi, per esempio), l’introduzione di ossigeno deve aumentare  conformemente. L’introduzione di ossigeno non può, però, aumentare all’infinito ed una volta che ha raggiunto il massimo l’aumento dell’attività muscolare deve cessare. Così la massima quantità dell’introduzione di ossigeno determina la capacità massima di attività fisica (vedi grafico pag. 39).
Nei pazienti con insufficienza cardiaca i polmoni non lavorano efficacemente come dovrebbero. Ciò limita la quantità massima di introduzione di ossigeno che può essere raggiunta. I pazienti cardiopatici devono interrompere le attività prima delle persone sane (vedi grafico pag. 39). Il punto in cui il paziente cardiopatico si ferma dovrebbe essere la sua quantità massima di introduzione di ossigeno. Questo si può controllare sovrapponendo il grafico di un paziente cardiopatico a quello di un soggetto sano. Se il paziente sta veramente lavorando al massimo, il suo VO2 dovrebbe essere minore di quello per una persona sana con lo stesso carico di lavoro (vedi grafico pag. 39).



RAGIONEVOLI PRECAUZIONI
Chiedere ai pazienti cardiopatici di sforzarsi al massimo delle loro possibilità non sembra sulle prime molto sensato. Tuttavia, in pratica, i ricercatori prendono ogni possibile precauzione e i test da sforzo sono generalmente considerati una procedura sicura. La maggior parte dei protocolli standard sono test graduati che aumentano gradualmente il livello dell’esercizio, dando al paziente moltissime opportunità per fermarsi se ne hanno bisogno.
È essenziale un’attenta supervisione e l’attività elettrica del muscolo cardiaco è continuamente monitorata con un ECG. Esso identifica nel battito o nella frequenza cardiaca (aritmia) qualsiasi anomalia dovesse presentarsi. Non vengono sottoposti a queste prove i pazienti con scompenso clinico (dispnea a riposo e/o ortopnea, edemi periferici, rantoli polmonari etc).
Alcuni operatori preferiscono usare prove da sforzo sottomassimali poiché queste riflettono maggiormente le situazioni quotidiane. Al paziente viene detto di fermarsi quando ha raggiunto un carico di lavoro predeterminato, invece di continuare fino allo sforzo massimo. Spesso il punto di arresto è fissato all’85% del predetto punto massimo rapportato al sesso ed all’età del paziente. In particolare per questo con le metodiche del test da sforzo ergospirometrico (misurazione non-invasiva dei gas respiratori durante prova da sforzo) è possibile stimare frequentemente la soglia anaerobica ventilatoria. Essa esprime il punto in cui durante sforzo crescente la ventilazione polmonare eccede l’incremento del consumo di ossigeno. Ad esso corrisponde il superamento del livello di esercizio tollerato in condizioni aerobiche, l'’inizio del lavoro in condizioni anaerobiche e quindi esprime il livello di esercizio tollerato senza affaticamento, elevazione del lattato ematico e delle catecolamine sieriche. Essa viene espressa come consumo di ossigeno a quel livello di sforzo e viene meglio determinata con incrementi dello sforzo piccoli e graduali. Ha importanti implicazioni nella riabilitazione del cardiopatico e nell’indicare al paziente l’attività quotidiana e ludica che può tollerare senza ragionevoli rischi.
La variabilità dei protocolli rende molto difficile la comparazione dei dati provenienti da centri diversi. Quindi dati di prove provenienti da diversi centri dovrebbero sempre essere osservati con riserva.

TECNICA DI D’ESERCIZIO
Nella vita quotidiana i pazienti cardiopatici tendono a non fare molto esercizio fisico. Di conseguenza essi sono spesso molto a disagio con le prove da sforzo e ed hanno quella che viene definita una scarsa tecnica. Essi possono non essere quasi in grado di rilassarsi, o possono respirare troppo rapidamente (iperventilazione) e queste cose, naturalmente condizionano i risultati.
Per questa ragione è importante far allenare il paziente con l’attrezzatura prima della prova vera, se si vuole che i risultati siano significativi. Ciò è particolarmente importante nelle prove cliniche in cui i ricercatori stanno valutando un miglioramento della capacità di sforzo nel tempo. Altrimenti i risultati potrebbero migliorare semplicemente perché i pazienti stanno diventando più esperti negli esercizi, e non perché ci sia una reale risposta ai trattamenti.

TEST DEL TAPPETO SCORREVOLE
Camminare su un tappeto scorrevole è come cercare di rimanere nello stesso posto su un nastro trasportatore; la velocità e l’inclinazione possono essere aumentate o diminuite per rendere l’esercizio più o meno difficile.
La principale difficoltà con questa tecnica è che i risultati devono essere corretti per il peso corporeo del paziente, poiché camminare richiede maggiore sforzo se si è in sovrappeso.

IL PROTOCOLLO BRUCE (MODIFICATO)
Il protocollo del Dott. Bruce è un test del tappeto scorrevole graduato. La versione originale fu disegnata per i pazienti anginosi ed ha sette livelli in cui la velocità e l’inclinazione vengono aumentate ad intervalli di tre minuti finché il paziente deve fermarsi. La massima capacità di sforzo è definita in termini di livelli raggiunti e durata dell’esercizio in secondi.
Il protocollo di Bruce fu uno dei primi ad essere modificato per l’uso nell’insufficienza cardiaca. I principi ad esso sottesi sono gli stessi di prima, ma i livelli sono stati facilitati per le capacità ridotte dei pazienti cardiopatici.
In alternativa possono essere utilizzati valori di incremento di velocità e pendenza del tappeto scorrevole meno ampi ma più frequenti per evitare che l’incapacità del paziente ad adattarsi al livello successivo del protocollo di Bruce costituisca il vero motivo di interruzione e non la vera capacità massima della tolleranza allo sforzo.
E’ pertanto da preferire, in pazienti valutati per dispnea da sforzo e/o facile affaticabilità o con diagnosi già nota di insufficienza cardiaca e in cui è opportuno stimare la capacità lavorativa a scopo prognostico e al fine di valutare la terapia, l’uso di una velocità costante (compresa tra 2.4 e 3.6 kmh) e incrementando la pendenza in modo progressivo ogni 1-2 minuti. In questo modo anche in pazienti più severamente compromessi si può ottenere un esercizio massimale in relazione alle capacità del soggetto e non legato alla capacità del paziente di tollerare un tipo di sforzo standard. Ovviamente questo richiede esperienza e attenzione da parte del medico ergometrista.

TEST AL CICLOERGOMETRO
Il cicloergometro è essenzialmente una bicicletta da allenamento in cui la pedalata, se necessario, può essere resa più o meno difficile.
Un primo vantaggio di questa tecnica è che il  paziente si siede mentre svolge l’esercizio, quindi i risultati non sono condizionati dal peso corporeo. Un altro è che il corpo rimane quasi immobile, questo minimizza qualsiasi potenziale interferenza con il monitor dell’ECG e rende possibile usare altre tecniche, come l’ecocardiogramma, durante la prova. Durante il test possono anche essere mantenuti in sede dei cateteri intravascolari cosicché, se necessario, possono essere effettuate misurazioni emodinamiche centrali.
È essenziale la completa cooperazione del paziente poiché la velocità della pedalata deve essere mantenuta costante. L’altro inconveniente è che molti adulti sono completamente disabituati a pedalare. In Europa il cicloergometro viene utilizzato con carichi crescenti di 25 Watt ogni 2-3 minuti. Questo tipo di esercizio ripropone gli stessi problemi prima descritti con il tappeto. In pazienti con diagnosi certa o sospetta di insufficienza cardiaca occorre ridurre la variazione tra carico e carico. Il carico lavorativo viene incrementato con piccoli incrementi (10-15 Watt/min) a partire da 0 Watt/min. In questo modo è possibile ottenere dei valori abbastanza precisi della capacità lavorativa del paziente, rispetto agli ampi gradini utilizzati dai protocolli utilizzati in caso di pazienti con angina.

IL TEST DELLA PASSEGGIATA NEL CORRIDOIO
Questo è un protocollo di facile esecuzione. Ai pazienti viene chiesto di camminare su una superficie piana (come il corridoio di un ospedale), e viene loro detto di coprire la quantità di suolo maggiore in sei minuti. Inoltre viene detto loro di camminare, se possibile, di continuo, ma di rallentare o fermarsi se necessario.
Questo test ha il vantaggio di non necessitare di attrezzature specializzate. Esso dà una valutazione immediata e approssimativa delle capacità del paziente, comunque i risultati spesso concordano abbastanza bene con quelli di altri test. Sei minuti di passeggiata rappresentano una grossa quantità di esercizio per un paziente affetto da una grave cardiopatia. Uno svantaggio potrebbe essere, in assenza di monitoraggio ECG il rischio di avere problemi di tipo ischemico e/o aritmico.



SINTESI
Nel trattamento delle cardiopatie lo scopo di ogni farmaco dovrebbe sempre essere di aiutare i pazienti a sentirsi meglio e a fare di più, ma finora non abbiamo nessun mezzo oggettivo per affermare questo. I test di tolleranza allo sforzo non sono perfetti ma danno comunque utili indicazioni.



CONCLUSIONI

Il “circolo vizioso” dell’insufficienza cardiaca significa che la sua indagine non è sempre semplice. Problemi in una parte del sistema cardiovascolare esacerbano i problemi da qualche altra parte. Questo riguarda anche lo studio degli effetti dei farmaci. Alcuni farmaci sembrano esercitare molti effetti diversi, e spesso è difficile decidere quale intervenga prima. Per esempio si potrebbe pensare che un aumento nella portata cardiaca indichi che il farmaco in uso ha un’inotropismo positivo. Se però l’effetto primario del farmaco era ridurre il post-carico la portata cardiaca potrebbe ancora aumentare anche se il farmaco stesso non ha una diretta attività inotropa. 

SCELTA DELLE VARIABILI DI STUDIO
Questo significa che non possono esservi regole troppo rigide o frettolose nella stesura dei test. Gli studi dei singoli protocolli devono essere studiati e tracciati con grande attenzione. La scelta delle variabili asseconda tre maggiori considerazioni:
·        La rilevanza
·        La facilità di misurazione
·        Accuratezza di valutazione

 

·        La rilevanza

Ovviamente le variabili prese in esame devono avere rilevanza in considerazione del particolare oggetto dell’indagine. Se si pensa che un farmaco possa avere un possibile effetto inotropo, per esempio, il ricercatore dovrebbe osservare il circolo pressione-volume, o il dP/dt max. Se si pensa che il farmaco sia un vasodilatatore, colui che svolge l’accertamento potrebbe essere più interessato agli effetti sul precarico e sul post-carico.

 

·        La facilità di misurazione

Alcune variabili sono di facile misurazione mentre altre non possono essere assolutamente misurate direttamente. Prendiamo per esempio il precarico e il post-carico, pur costituendo importanti variabili, non possono essere misurati direttamente. Invece chi conduce le indagini deve basare la sua misurazione su altre variabili. Per una stima del post-carico, si dovrà misurare la resistenza vascolare sistemica, per questa ragione sono richiesti sia la pressione arteriosa media che i valori della produzione cardiaca. Per ottenere una stima del precarico sarà, invece, necessario il valore della pressione atriale sinistra di riempimento. Il sistema più conveniente sarà quello di valutarla dalla pressione capillare polmonare. La necessità di strumentazione specializzata può influenzare la scelta delle variabili. Per esempio, la determinazione sia del ciclo pressorio volumetrico che del dP/dt max. necessita una cateterizzazione intracadiaca. Ma anche l’osservazione del ciclo pressorio volumetrico richiede una tecnica di visualizzazione come l’ecocardiogramma. 

·        Accuratezza di valutazione

Deve essere valutata insieme con la facilità di misurazione. La diretta misurazione della pressione atriale sinistra risulta più accurata della stima possibile dalla pressione capillare polmonare, inoltre, essendo una misurazione diretta si rende con maggiore difficoltà ed aumenta i rischi per il paziente. Similmente, variabili come una frazione di eiezione possono essere misurate in diversi e differenti modi ma l’accuratezza dei differenti metodi varierà.

 

COSA È COMUNQUE “NORMALE”?

 La pagina successiva mostra i parametri dei valori considerati normali per ognuna delle misurazioni discusse in questo libro. Questi dati hanno necessitano di una accurata interpretazione in quanto potrebbero variare ampiamente in relazione al metodo usato per ottenerli e da un centro di indagine ad un altro.

L’attività della renina plasmatica ne costituisce un particolare esempio. Il metodo per l’analisi della renina usato negli Stati Uniti differisce da quello della Gran Bretagna. Gli U.S.A. hanno un differente livello di reattività e ritengono “normali” valori completamente diversi da quelli considerati “normali” in Gran Bretagna. Quindi i risultati dei PRA ottenuti in un paese devono essere confrontati e valutati con estrema attenzione nell’altro.


Appendice: TAVOLA DEI VALORI

Parametri

Abbreviazioni convenzionali
Valori normali
(condizione di riposo)
Variazioni  nelle cardopatie
Pagina di riferimento
Frequenza cardiaca
HR
70 bpm
n
Rapporto cardio toracico

CTR
0.5
n
Attività della plasma renina
PRA
0.2 – 3.69
ng/ml/h
n
Produzione cardiaca
CO
5 – 6 litri /min.
n
Indice cardiaco
CI
2.5 – 4.5 litri /min. /m2
n
Volume sistolico
SV
70 – 112 ml /beat
n
Indice del volume sistolico
SVI
40 – 70 ml / m2
n
Volume telediastolico ventricolare sinistro
LVEDV
108 – 172 ml
=
n
Frazione di eiezione ventricolare sinistra
LVEF
60 – 75% di sangue nel ventricolo
n
Pressione di riempimento atriale destro
RAP
1 – 8 mm Hg.
n
Pressione capillare polmonare (pressione di riempimento ventricolare sinistra, precarico sinistro approssimativo)
PCWP LVFP
8 – 12 mm Hg.
n
Resistenza vascolare sistemica ( post – carico approssimativo sinistro)
SVR
<1600 Dynes/sec. Cm2
n
Pressione sanguigna (sistolica – diastolica)
BP
120 / 80 mm Hg.
n
Pressione arteriosa media
MAP
90 – 100 mm Hg.
n
Pressione telediastolico ventricolare destra (precarico destro approssimativo)
RVEDP
0 – 8 mmHg.
n
Velocita’ massima dell’aumento della pressione ventricolare sinistra
dP/dt max
1200 mmHg./sec
Inizilmente>
n
Quantità massima del consumo di ossigeno
VO2 max
3 litri/min
n


LEGENDA
Aumento >
Diminuzione <
Stazionario =








[1] Un purista potrebbe arguire che il sistema cardiovascolare non è realmente un sistema chiuso, poiché c’è un continuo scambio tra sangue e tessuti. La cosa importante, tuttavia, è che il sistema cardiovascolare si comporta come se fosse un sistema chiuso, perciò l’analogia si adatta abbastanza bene ai nostri scopi.

[2] La pressione è la forza per unità di area esercitata dal sangue sulle pareti della cavità. Quando il volume della cavità diminuisce, la pressione nella cavità aumenta. Se la cavità diventa più grande la pressione diminuisce.
[3] A rigor di termini, naturalmente, ci sono due emissioni cardiache – una dalla pompa destra e una da quella sinistra. La produzione cardiaca è misurata, però, dalla pompa sinistra perché è questa che fornisce la maggior parte dell’afflusso di sangue. La produzione dalla pompa destra è un volume equivalente. Lo stesso è vero per un numero di altre variabili discusse qui, come il volume sistolico e la frazione di eiezione.
[4] Come per il precarico, ci sono due post-carichi da considerare: quello destro e quello sinistro.In pratica, però, il post-carico della pompa di sinistra è molto superiore a quello della pompa di destra (perché il lato sinistro fornisce maggior superficie corporea), quindi il termine “post-carico” viene solitamente usato come “post-carico sinistro”.
Soltanto il post-carico sinistro è determinato dalla resistenza vascolare sistemica. Il post-carico destro è determinato dalla resistenza nella circolazione che rifornisce i polmoni (resistenza vascolare polmonare).
[5] La pressione sanguigna è solitamente misurata in una delle arterie che corrono lungo il braccio. Per questa ragione viene chiamata pressione sanguigna arteriosa. La pressione del sangue venoso non viene misurata spesso.
[6] Un dina è una misura di forza. E’ la forza necessaria per spingere un grammo attraverso un centimetro per secondo.

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